Viviamo in tempi drammatici, in un’età di cambiamenti drastici e di rapidi sviluppi in tutti gli aspetti della condizione umana. Tutto ciò riflette con estrema precisione i sintomi dell’avvento dell’era messianica vividamente definita e preannunciata nel Talmud, nel Midràsh e in altri scritti sacri1, rendendo le persone ancora più consapevoli del concetto di redenzione messianica, dell’idea di Moshiach e degli effetti della sua imminente rivelazione.
Il credo nella venuta del Moshiach è fondamentale nella Torà e nella fede ebraica2.
Pochi sono, però, coloro che affrontano in profondità i suoi significati e le sue implicazioni. Se ne afferma la dottrina, ma più come un teorema astratto che non come un soggetto pratico, di importanza immediata. Infatti tale questione suscita grande apprensione, nutrita in parte dalla paura dell’ignoto, del mistero confuso di un futuro nascosto. Inoltre c’è la memoria delle tristi conseguenze delle disavventure messianiche del passato, delle storie sfortunate di vari pseudo messia e delle loro profezie non realizzatesi, che hanno lasciato uno strascico di penosa disillusione e di sconforto3.
D’altra parte, specie in momenti di grandi prove e tribolazioni (che purtroppo non mancano nella storia ebraica, anche al presente), è proprio il credo nel Moshiach e nella gheulà (redenzione) che accende la fiamma della speranza nel cuore di ogni ebreo. Ciò ha contribuito a superare le peggiori persecuzioni e sofferenze nell’attesa del giorno del Divino Giudizio, quando il bene trionferà sul male e il mondo entrerà nell’era utopica ove pace e fratellanza universale regneranno sovrane, quando la terra sarà piena della conoscenza di D-o (Isaia 11, 9) e tutti chiameranno il Nome di D-o per servirlo di comune accordo (Sofonia 3, 9)4.
I segni dell’approssimarsi dell’era messianica ci circondano più di quanto non sia mai successo nel passato rinnovando, in tal modo, l’interesse e la volontà di saperne di più in merito. Si fanno molte domande, ma sono poche le fonti che raccolgono le informazioni sparse nelle innumerevoli opere delle Sacre Scritture, del Talmud e del Midràsh. E tra tali fonti non ve ne sono quasi che offrano informazioni e spiegazioni in lingue diverse dall’ebraico, o utilizzando termini accessibili alla comprensione dell’uomo laico medio.
In tale contesto l’autore del presente libro ha recentemente ricevuto l’invito a tenere diverse conferenze sull’argomento, seguite da numerose richieste di dare una forma scritta al loro contenuto. Ed è così che è nato questo lavoro, come sinopsi delle suddette conferenze.
Il lettore non deve aspettarsi nulla di originale, né un trattato completo ed esauriente. Si tratta di un tentativo di presentare una lista concisa dei principi basilari riguardanti il Moshiach e l’era messianica tratta dal Tanàkh, dal Talmud, dal Midràsh, da Rambam e da alcune altre fonti autorevoli. Tuttavia, lo sforzo che ha portato alla compilazione scritta di tali insegnamenti non ha solo una motivazione accademica. La conoscenza è essa stessa un mezzo verso un fine superiore: lo scopo della sapienza è la teshuvà (ritorno a D-o) e i ma’assìm tovìm (buone azioni) (Talmud Berakhòt 17a). Si spera quindi che lo studio di queste pagine non servirà solo come informazione, ma che aiuterà il lettore a rendersi conto dell’attualità del loro contenuto onde risvegliare o rafforzare l’attesa della redenzione messianica, come previsto dalla halakhà (l’insieme delle norme che regolano la vita ebraica)5.
La nostra non è la prima epoca a venire identificata come la più propizia per la realizzazione delle profezie messianiche. Quando nel passato ci sono stati momenti altrettanto propizi, i saggi di quel tempo si espressero sia oralmente che tramite scritti, incoraggiando le persone a migliorare la propria vita, onde affrettare la venuta del Moshiach. Per esempio, rabbi Moshé ben Nachman (Ramban) scrisse il suo Sèfer Hagheulà nell’anticipazione della redenzione, che sarebbe potuta arrivare nei suoi giorni. Ancora di più rabbi Yitzchàq Abrabanel, tramite calcoli particolari, arrivò alla conclusione che la redenzione poteva venire nel suo tempo e compose varie opere che fino a oggi sono il lavoro più esauriente sull’argomento. Si tratta di Mashmìa ha-Yeshu’à (una lista di tutte le profezie messianiche del Tanàkh,ad eccezione di quelle contenute nel libro di Daniele), Mayané ha-Yeshu’òt (un esauriente commentario su Daniele) e Yeshu’òt Meshichò (una dissertazione sui brani messianici dei nostri Saggi e una disputa contro alcune distorsioni del concetto di Moshiach). Abrabanel fa notare di aver composto la sua opera motivato dalla preoccupazione di vedere la sua gente immersa nell’oscurità della notte, per risvegliarla dal sonno dell’esilio. A causa delle sofferenze del popolo di D-o, il cuore si è riscaldato ed è diventato assetato per le acque dell’anima… per questi motivi ho scavato questo pozzo, per offrire alla mia gente acqua fresca per l’anima indebolita, buone notizie (Proverbi 25, 25)6. Il mio unico scopo è di rafforzare le mani deboli e i piedi che inciampano7.
Come Ramban prima di lui8, Abrabanel considera che calcolare il tempo del ketz (scadenza), come pure rivelare e spiegare il significato e l’intenzione dei passaggi messianici, non solo sia permesso, ma obbligatorio dato l’approssimarsi della redenzione9. Così egli afferma che, in vista della redenzione imminente, tutti coloro che agiscono in tale modo fanno acquisire merito alla maggioranza del popolo poiché rafforzano il popolo di D-o nella sua fede, aggiungono speranza e anticipazione verso la Grazia Divina [poiché si rendono conto che] la Mia salvezza sta per venire e la Mia giustizia sta per essere rivelata (Isaia 56, 1)10.
Nell’Ottocento avvenne di nuovo che il santo rabbi Israel Meir Hakohen – uno dei più autorevoli saggi di quel tempo, meglio noto con il nome della sua opera più famosa, Chafètz Chayìm – scrivesse incoraggiando e ammonendo il popolo di Israele affinché si preparasse per l’imminente redenzione. Come nessuno prima di lui aveva fatto egli inviò lettere e proclami, e pubblicò lavori particolari che servissero a risvegliare Israele a quel messaggio. Diede inoltre il via al rinnovarsi degli studi in merito alle regole religiose connesse al servizio del tempio, specialmente quelle riguardanti i kohanìm, prevedendo che presto avrebbero assunto un’importanza pratica11.
Per insondabili motivi, tutti quegli elementi potenziali non si sono ancora attuati12. Oggigiorno tuttavia gli eventi indicano più che mai che:
La voce del mio amato, ecco egli è venuto saltando sopra le montagne, balzando sulle colline. Ecco, egli sta dietro il nostro muro, guardando attraverso le inferriate. Svegliati amica mia, mia bella, e vieni. Poiché l’inverno è passato, la pioggia è finita e se n’è andata. I germogli sono sbocciati sulla terra e il tempo del canto è arrivato, e la voce della tortora si fa sentire nuovamente nella nostra terra (Cantico dei Cantici 2, 8-12).
I grandi maestri della nostra generazione stanno nuovamente affermando che ci troviamo nel periodo più propizio. Quindi è doveroso rinnovare la nostra fede nella redenzione messianica e la sua anticipazione: essere consapevoli di ciò che significa, studiare le regole e gli insegnamenti che la riguardano, chiedere e attenderne l’attuazione immediata favorendone così il realizzarsi13. Agevolare il raggiungimento di tale traguardo è lo scopo ultimo di questo libro.
J. Immanuel Schochet
Toronto, 28 sivàn 5751
Parliamone