L’Obbligo di Attenderlo
È una visione che attesta un termine a venire, ma alla fine parlerà e non mentirà. Sebbene egli ritardi aspettalo, poiché verrà certamente… e non tarderà troppo (Abacuc 2, 3).
Perciò aspettatemi, dice D-o, quando mi alzerò per prendere la preda, perché la mia intenzione è di radunare le genti, di convocare i regni per riversare su di loro la mia indignazione, tutta la mia ira ardente, poiché dal fuoco della mia gelosia sarà consumata tutta la terra (Sofonia 3, 8)1.
Felici coloro che lo attendono (Isaia 30, 18)2.
Aspettare il Mashiach, attendere con ansia la sua venuta, non è soltanto una virtù ma un obbligo religioso. Rambam sostiene che chiunque non creda in lui – e chiunque non attenda trepidamente la venuta del Mashiach – in effetti nega l’intera Torà, tutti i profeti a partire da Moshé3. Uno dei Tredici Principi della fede ebraica dice:
Credo con fede completa nella venuta del Mashiach. Sebbene egli ritardi lo attendo ogni giorno, finché verrà.
Come detto in precedenza4, alcune autorità considerano questo principio come una parte integrante del primo dei Dieci Comandamenti, che afferma:
Io (Anochì) sono D-o, il tuo D-o, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, la casa della schiavitù (Esodo 20, 2).
La prima parola, Anochì – Io sono D-o –, è infatti connessa con la redenzione:
Anochì simboleggia la prima redenzione dall’Egitto e l’ultima redenzione tramite il Mashiach (Shemòt Rabbà 3, 49)5.
Anochì è un’espressione esplicita di compassione, di consolazione, di conforto6. Anochì, infatti, è un acrostico nel quale ognuna delle sue quattro lettere rappresenta una profezia biblica riguardante la consolazione e il conforto messianico7.
A conferma dell’obbligo posto dalla halachà ebraica nei confronti dell’attesa del Mashiach, una delle prime domande che verranno poste nel giorno del Giudizio Divino sarà: hai atteso la salvezza? (Talmud Shabbàt 31a).
Credere nella venuta del Mashiach e attenderlo sono due concetti separati. “Credere” è un’affermazione dottrinale come per ogni altra parte della Torà: è l’affermare il principio secondo il quale il Mashiach prima o poi verrà; “attendere” si riferisce all’attiva e trepidante anticipazione della redenzione, nella speranza che avvenga il prima possibile: “Lo attendo ogni giorno…” letteralmente parlando8.
Durante l’Ikvetà Demeshichà, il tempo che precede l’arrivo del Mashiach, quando arriverà il momento nel quale la gloria di D-o sarà rivelata nel mondo tramite la venuta del nostro retto Mashiach, ci saranno sicuramente delle guide in Israele... che rafforzeranno la fede e il ritorno tramite la teshuvà, e saranno capaci di stimolare il popolo a prepararsi facendo teshuvà e compiendo buone azioni onde favorire la venuta del Mashiach.
In quei giorni ci sarà anche gente di poca fede che non crederà a queste parole, così come avvenne anche durante l’esilio egizio: essi non ascoltarono Moshé per via del loro spirito depresso e del lavoro duro (Esodo 6, 9).
Vi saranno coloro che discuteranno dicendo di non mettere in dubbio la possibilità della redenzione, ma semplicemente di dubitare del tempo nel quale avverrà. Tuttavia c’è un versetto esplicito in Malachia (3, 1):
La guida che cercate [il Mashiach] arriverà improvvisamente al suo palazzo, ed ecco che viene il messaggero del patto che desiderate [Elia].
Come minimo, ciascuno dovrebbe considerare ogni giorno quello in cui il Mashiach potrebbe venire. Troviamo un riflesso di ciò nella regola della Ghemarà9, a proposito di una persona che fa il voto di diventare nazireo nel giorno in cui arrivi il Mashiach.
[Se non la si sente in questo modo] significa che la fede nella venuta del Mashiach è oltremodo debole. Tutto il nostro parlare del giusto Mashiach è solo esteriore, non condiviso dal cuore9.
Kivùy: il Merito e l’Effetto dell’Attesa
Tutto dipende dal kivùy (speranza, attesa). (Bereshìt Rabbà 98, 14).
Quando Israele chiese a Bil’àm: «Quando verrà la redenzione?», egli rispose: «Lo vedo ma non adesso, lo scorgo ma non vicino» (Numeri 24, 17). Disse il Santo, benedetto Egli sia: «È questo il vostro buon senso? Non sapete che Bil’àm non desidera che la mia salvezza arrivi? Siate come i vostri padri, che dissero: attendo la tua salvezza o D-o (Genesi 49, 18)10. Attendi la salvezza, poiché essa è vicina!» Infatti è scritto: la venuta della mia salvezza è prossima (Isaia 56, 1)11.
Quando i figli di Israele entrano nelle sinagoghe o nelle case di studio, essi dicono al Santo, benedetto Egli sia: «Redimici!». Egli risponde: «Vi sono dei giusti tra di voi? Ci sono persone timorate di D-o?». Essi replicano: «Nel passato… ve ne furono… Oggi invece, passando da una generazione all’altra, diventa sempre più scuro per noi…». Allora il Santo, benedetto Egli sia, dice loro: «Abbiate fede nel mio Nome e starò al vostro fianco… poiché io salvo chiunque abbia fede nel mio Nome»12.
Israele non ha altro se non la fede che il Santo, benedetto Egli sia, lo redima in virtù dell’aver avuto pazientemente fiducia in D-o (Salmi 40, 2), com’è scritto: D-o è buono verso coloro che sperano in lui (Lamentazioni 3, 25). Potresti dire: il raccolto è passato, l’estate è finita e non siamo ancora stati salvati (Geremia 8, 20); allora spera in D-o, sii forte e fai sì che il tuo cuore sia coraggioso, e spera in D-o (Salmi 27, 14), spera e spera nuovamente. Se tu chiedessi: «Fino a quando dobbiamo sperare?» è già stato detto: che Israele speri in D-o adesso e sempre (Salmo 131, 3) e: siate forti e abbiate il cuore coraggioso, tutti voi che sperate in D-o (Salmo 31, 25). Se lo farete sarete salvati, com’è scritto: coloro che sperano in me non verranno svergognati (Isaia 49, 23); coloro che sperano in D-o riceveranno nuova forza (Isaia 40, 31); coloro che sperano in D-o erediteranno la terra (Salmo 37, 9)13.
Sebbene lo studio della Torà sia così importante, il bisogno di attendere e di sperare nella redenzione viene specialmente in modo particolare agli studiosi di Torà, che D-o rimprovera così:
Sebbene amiate così tanto le parole della Torà non avete fatto ciò che è giusto, avete atteso soltanto la mia Torà ma non la restaurazione del mio Regno (Pesikta Rabbati 35, 2).
I Patriarchi esclamarono: «Signore dell’Universo, forse non ci sarà redenzione per i nostri figli?». Egli rispose loro: «Quando ci sarà una generazione che attende impazientemente la mia redenzione, la riceverà immediatamente» com’è scritto: c’è speranza per il vostro futuro, dice D-o, i vostri figli ritorneranno nei loro confini (Geremia 31, 16)14.
La preghiera quotidiana (‘Amidà) contiene la richiesta: «Fa’ sì che il discendente di Davide tuo servo germogli rapidamente e innalza la sua potenza tramite la tua salvezza, poiché abbiamo sperato nella tua salvezza ogni giorno». L’ultima frase, «poiché abbiamo sperato», sembra strana: che modo di ragionare è questo? Se meritassimo semplicemente la redenzione dovremmo riceverla anche senza sperare nella sua venuta; e se non la meritassimo, a che cosa potrebbe servire la speranza? Invece, il significato di ciò è chiaramente il seguente:
«Fa’ sì che il discendente di Davide tuo servo germogli rapidamente…» e se si dicesse che manchiamo del merito necessario, fa’ sì che egli germogli in ogni caso «poiché abbiamo sperato nella tua salvezza…», cioè, poiché abbiamo avuto kivùy (speranza). In virtù di quella speranza meritiamo che tu ci redima!15
Richiedere il Mashiach
L’autentico credo nella redenzione si riflette e si verifica in una vera attesa, nell’impaziente anticipazione della venuta del Mashiach. A sua volta, la sincerità di tale speranza e attesa viene dimostrata da ciò che si fa per ottenerla. Se una persona desidera davvero qualcosa lo richiede con insistenza e con tenacia, facendo tutto il possibile perché avvenga.
Lo stesso vale per l’obbligo di attendere il Mashiach. D-o insiste sulla prova di sincerità nel desiderio del Mashiach, esigendo tutto quanto sia in nostro potere per farlo arrivare incluso il forzare le porte del Cielo con continue richieste di redenzione.
I figli di Israele siederanno molti giorni senza re, senza principi e senza sacrifici… Infine i figli di Israele ritorneranno e chiederanno di D-o, il loro D-o, e di Davide, il loro re, e staranno in piedi in timore di fronte a D-o, e spereranno nella sua bontà alla fine dei giorni (Osea 3, 4-5).
Chiedere di D-o si riferisce allo stabilirsi del Regno dei Cieli; il loro re Davide si riferisce al ripristino del regno della casa di Davide tramite il Mashiach; staranno in piedi in timore davanti a D-o. nella sua bontà… si riferisce alla ricostruzione del Tempio. Israele non vedrà la redenzione finché [il popolo] non farà teshuvà e non pretenderà tutto ciò!16
Israele non verrà redento finché non domanderà il regno dei Cieli, il regno della casa di Davide e il Santuario!17
Rabbi Shim’òn bar Yochày insegnò una parabola di un uomo che punì il proprio figlio. Il figlio non sapeva per quale motivo fosse stato punito, ma in seguito il padre gli disse: «Ora vai e fai ciò che ti ho ordinato tanto tempo fa, e che tu hai ignorato».
Tutte le migliaia di soldati che caddero in battaglia ai tempi di re Davide perirono solamente per non aver chiesto che il Bet Hamiqdàsh, il Tempio di Gerusalemme, venisse costruito. Da qui si deduce un argomento a fortiori: se coloro che non avevano ancora avuto il Tempio (e quindi non era stato ancora distrutto) vennero puniti per non averlo desiderato e richiesto, a maggior ragione quanto siamo colpevoli noi, dato che proprio durante i nostri giorni il Tempio è stato distrutto e noi non ce ne addoloriamo abbastanza, né cerchiamo per questo misericordia!18.
Diverse volte al giorno preghiamo per la redenzione. Ciononostante, il semplice richiedere non è sufficiente. Occorre pregare con insistenza per la redenzione, occorre volerla con forza così come si richiede il compenso per un lavoro fatto: secondo la regola, se il lavoratore non ne fa richiesta non è obbligatorio dargli la paga nello stesso giorno in cui ha terminato l’opera19. In modo analogo, anche noi dobbiamo chiedere con fermezza la redenzione. Non facendolo, diamo un chiaro segno che per noi non è così urgente!
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