È ben noto a tutti coloro che pregano presso la tomba di Rabbi Shimon bar Yochai durante Lag Baomer, giorno in cui si commemora la sua dipartita, che le richieste lì esposte vengono esaudite. Ogni anno, migliaia di ebrei vi si recano in pellegrinaggio. Nel corso dei secoli, numerose coppie sterili hanno invocato la Provvidenza Divina davanti al suo sepolcro a Lag Baomer e molti bambini sono nati dopo le loro suppliche. Il Talmud riporta : “Le porte delle lagrime (n.d.r. nei Cieli) sono sempre aperte” e “Ci si può affidare a Rabbi Shimon in caso di urgenza”. La maggior parte di noi conosce la storia di questo Tzaddik e di suo figlio Eleàzar, di come dovettero nascondersi ,per fuggire dalle furie dei romani, per dodici lunghi anni in una caverna nella quale stesero il libro dello Zohar, pilastro della mistica ebraica, e di come sopravissero nutrendosi da un carrubo e dissetandosi da una piccolo corso di acqua fresca. Ben pochi, invece, sono edotti della vita dei suoi genitori e delle drammatiche circostanze della sua nascita.

Yochai era un membro importante della tribù di Yehudà: eminente erudito, molto facoltoso, personalità di spicco in seno alla comunità, egli intratteneva, inoltre, ottime relazioni con le autorità che governavano Israele in quel periodo, i romani. Sua moglie Sarah era discendente dalla prestigiosa stirpe dei principi ebrei e di Rabbi Hillel Hazàken (Hillel l’Anziano).

Durante lunghi anni Sara rimase sterile. Un giorno, il marito decise di divorziare e si rivolse ad un shadchàn (mediatore matrimoniale) affinchè questi gli trovasse un’altra moglie con la quale si sarebbe assicurato una progenie. Quando Sarah venne a sapere dell’intenzione del coniuge, fu molto abile nel celare i suoi patemi d’animo, ma digiunò e pregò, distribuì cospicue somme ai poveri e pregò, pregò, ancora e ancora col cuore infranto, implorando D- di concederle le gioie della maternità e di evitarle il divorzio. La notte di Rosh Hashanà, Yochayi fece un sogno: si trovava in una foresta fitta di alberi. Alcuni erano belli e rigogliosi, pieni di frutti, altri invece erano vecchi e rinsecchiti. Yochayi si appoggiò ad uno di questi e vide ad un tratto apparire la sagoma di un ebreo dalla prestanza impressionante che portava una brocca colma d’acqua sulla spalla. Annaffiava alcuni degli alberi secchi, ma non tutti. Avvicinandosi a Yochai , l’uomo si fermò, cavò da sotto il suo mantello una piccola fiala di acqua pura e gli prodigò un’infinità di benedizioni. Yochai sia accorse che in effetti questa piccola quantità d’acqua era benedetta: tutto ciò che circondava l’albero ricresceva, l’albero stesso subito si ramificò, fiorì e produsse nuove radici e frutti il cui aroma si propagava per tutta la foresta. Yochai si svegliò col sorriso.

Si affrettò a raccontare il sogno a sua moglie. Per lui l’interpretazione era ovvia. Gli alberi rappresentano le donne: alcune hanno figli, altre no. A Rosh Hashanà D-o emette decreti riguardo alle donne che metteranno alla luce dei figli: sua moglie dunque ne faceva parte, visto che il suo albero aveva usufruito di auguri straordinari. Tuttavia, non riusciva ad afferrrare un dettaglio: perchè quell’uomo dal regale aspetto si era servito della piccola fiala e non dell’acqua contenuta nella grande brocca come per gli altri alberi?. Raggiante, ma anch’ella sorpresa, Sarah gli propose di andare a consultare Rabbi Akiva. Il grande Maestro completò l’interpretazione già fornita da Yochai: ”Sappia che Sarah era destinata a rimanere sterile: non avrebbe mai avuto figli. Per mezzo delle sue lacrime e preghiere avrà il merito di cambiare il suo destino e di procreare. La fiala che irrigava il suo albero aveva raccolto le sue lacrime, sono state loro a far ringiovanire l’albero che la rappresentava. E Rabbi Akiva aggiunse: “Sarah! Quest’anno Lei darà alla luce un figlio che illuminerà il popolo d’Israele con la sua sagezza, la sua purezza e le sue azioni e non solo durante la sua vita terrena, ma anche per numerose generazioni future!”. Yochaih e Sara ascoltarono le parole di Rabbi Akiva con estrema felicità.

Quell’anno a Shavuot, ricorrenza in cui si celebra il Dono della Torà sul Monte Sinai, Sarah diede alla luce un bimbo dal cui viso irradiava un bagliore particolare. Tutti coloro che lo vedevano, affermavano che era stato indubbiamente toccato da una benedizione speciale e che sicuramente diffonderà un’intensa luminosità intorno a lui. I genitori ringraziarono il Signore accoratamente e prepararono un fastoso banchetto in onore della Brit-Milà (circoncisione) del piccolo. Lo chiamarono Shimòn (dal verbo ebraico lishmoa-ascoltare) in quanto D-o ha ascoltato ed esaudito la loro richiesta e le lacrime della madre. Il bambino fu cresciuto ed educato con purezza e santità. Appena cominciò a parlare, i suoi genitori gli insegnarono a pronunciare solo parole pure e a ripetere versetti della Torà. All’età di cinque anni, per l’inizio degli studi, fu affidato alle cure di Rabbàn Gàmliel, una sommità dell’epoca, rettore di una grande Yeshiva a Yerushalayim. L’allievo sembrava una sorgente in perpetuo muovimento: già in così tenera età le domande che rivolgeva ai suoi maestri, Rabbi Yehoshua Ben Chaninà e Rabbàn Gàmliel, erano particolarmente pertinenti ed argute. Rabbi Shimon Bar Yochai diventò uno dei più illustri saggi della Mishnà. Decedette il trentatreesimo giorno dell’Omer, Lag Baomer, 63 anni dopo la distruzione del secondo Beth Hamikdàsh (Tempio). Prima di morire, rivelò ai suoi discepoli i segreti della mistica ebraica (comunemente chiamata Kabbalà) e ingiunse loro di istituire la data della sua dipartita quale giorno di festa e di allegria del calendario ebraico.

Yerachmiel Tilles dell'Istituto Ascent Safed

Tratto da “Nachalat Avot”- kabbalaOnline.org