La parashà inizia con una lunga e cavillosa descrizione dei sogni del faraone interpretati da Yossef, nei quali appaiono spighe di grano. Perché la Torà riporta con dovizia di dettagli, le origini della libertà di Yossef e della sua nomina quale viceré? Yossef era l’erede spirituale di Yaakov e del suo messaggio universale, pertanto, se la comunicazione divina deve eseguirsi tramite i sogni, la Torà ne deve dare tutti i particolari che, come vedremo, sono significativi. I dettagli elencati nella Torà non sono mai casuali.

L’Ebreo e il Mondo

Alla stregua del suo avo, il Ben Israel deve sormontare gli ostacoli attingendo a proprie forze interiori e non rendendosi oggetto di influenze esterne. Il mondo è stato creato con una fonte spirituale celata e solo l’ebreo è responsabile e in grado di ricorrere ad essa per diffonderne la luce. Qualora non riuscisse, è per mancanza di volontà. La differenza dei sogni. Nella Torà i sogni sono una metafora: quelli di Yossef indicano esplicitamente lo sforzo: “Stavamo ammucchiando delle spighe”, mentre nelle visioni notturne del faraone appare cibo già pronto. L’ebreo gode di benedizioni perché sono il risultato del suo impegno. Inoltre, i sogni di Yossef non sono altro che una successione di progressi: innanzitutto singole spighe isolate che poi diventano spessi covoni, per assurgere infine agli elementi celesti: il sole, la luna e le stelle.

Dal Faraone si regredisce: prima le vacche poi le i covoni, dal mondo animale si retrocede a quello vegetale; prima le vacche grasse poi quelle magre, prima abbondanza di frumento poi spighe imbozzacchite, cioè completamente consumate dal male. Il sacro e il suo opposto. Le dissonanze emerse dalle visioni traducono il divario tra il sacro e l’impuro.

Le Cadute per Rinforzare

Dai figli di Israel alcuni eventi possono essere fraintesi con cadute o cambiamenti nefasti. Trattasi, invece, di ascensioni. Gli alti e bassi dal popolo ebraico si concludono immancabilmente con un lieto fine. Nonostante le sofferenze o gli

scoramenti spirituali e morali, il fondo rimane immutato. Le difficoltà subentrano per rinforzarci e non infiacchirci, la discesa permette la risalita. Sempre. In quanto l’ebreo ambisce solo ad applicare la Torà e le Mitzwot. Le vicissitudini del

popolo ebraico sono volte esclusivamente a stabilire la pace eterna. Il regno impuro, al contrario, è esposto a ribaltamenti che lo conducono inevitabilmente verso il declino, come ha sempre dimostrato la Storia. Quanto conseguito

dall’uomo che non si è industriato è destinato a morire, dacché ciò che possiede è frutto dell’inerzia, è l’espressione dei suoi desideri impulsivi, dell’agognare a piaceri immediati, è l’espressione dell’elemento animale che lo spinge ad esigere subito e tutto, ad avere senza dare.

Quanto ottenuto per mezzo della fatica è destinato all’eternità come Hashem disse: ”Hai cercato, dunque troverai”. E la benedizione celeste sorpasserà di gran lunga le aspettative, il riscontro Divino sarà molto più grande degli sforzi adoprati. E il Ben israel ininterrottamente “si eleverà nella sfera della santità.

Tratto da Likuté Sichòt