I messi del re accorsero alla prigione dove si trovava Yosef e lo informarono che sarebbe dovuto comparire dinanzi a Faraone. Lo trovarono con i capelli lunghi, perché non li aveva tagliati dal momento della partenza dalla casa paterna: egli si era comportato come un nazireo, astenendosi dal vino e lasciandosi crescere i capelli. Essi, comunque, li tagliarono e gli fecero cambiare d’abito, poiché avrebbe dovuto presentarsi al cospetto del sovrano.
Entrando a palazzo Yosef rimase molto colpito dalla ricchezza e dal lusso a cui si trovò di fronte. La corona di Faraone era tempestata di gemme e il suo trono era d’oro e d’argento, tempestato da centinaia di migliaia di perle ed era posto su un basamento di settanta gradini.
La legge dell’Egitto diceva così:
Un nobile che ha udienza presso il sovrano deve salire 31 gradini, mentre il re deve discendere al 36 per incontrarlo.
Un uomo comune deve solamente salire tre gradini e rimanere in piedi dove si trova.
Il più brillante uomo del regno che è in grado di parlare 70 lingue ha il diritto di salire fino alla coma della scalinata raggiungendo l’ultimo gradino e venendosi a trovare, così, presso il trono stesso.
Yosef salì tre gradini.
Il re gli disse: «Io ho fatto un sogno, ma nessuno sa come interpretarlo. Ho sentito che tu sei dotato di conoscenza nell’arte dell’interpretazione dei sogni».
«Come puoi essere sicuro che le altre interpretazioni siano errate?» domandò Yosef.
«Mi fu mostrata anche l’interpretazione del mio sogno, non la ricordo, ma nulla di ciò che mi è stato detto suscita in me alcuna rimembranza» rispose Faraone.
Lontano dal essere preda della presunzione per il fatto che Faraone aveva chiamato proprio lui, considerandolo un esperto nel campo dell’interpretazione dei sogni, Yosef disse: «L’interpretazione non è nelle mie mani, D-o darà a Faraone una risposta».
Il re cominciò a raccontare: «Nel mio sogno stavo sulla riva del fiume quando vidi 7 vacche uscire dalle acque…».
«Non è questo che hai sognato – lo interruppe Yosef – Tu hai visto 7 vacche grasse».
«Hai ragione – ammise Faraone – volevo solo metterti alla prova e vedere se tu sei in grado di conoscere il contenuto del mio sogno. Faraone andò avanti nel racconto, ma talvolta ne alterò alcuni particolari. Sempre Yosef lo correggeva, descrivendo con grande acume ciò che realmente il sovrano aveva visto nel sogno.
«Come fai a sapere queste cose? Stavi forse accanto a me – esclamò Faraone – mentre sognavo?».
In verità Yosef conosceva sia il sogno sia la sua interpretazione grazie al ruach hakodesh, allo spirito divino che era in lui.
Egli spiegò al Faraone: «D-o sta mandando al sovrano un messaggio. Le sette vacche grasse e le sette belle spighe di grano piene significano la medesima cosa: D-o concederà sette anni di abbondanza all’Egitto. Le sette vacche magre e le sette spighe esili anche hanno il medesimo significato: i sette anni di abbondanza saranno seguiti da sette anni di carestia. I sette anni di carestia sopraggiungeranno senza alcun preavviso e si abbatteranno con una tale violenza da far dimenticare l’abbondanza precedente. D-o ti ha inviato duo sogni analoghi per sottolineare che la sua volontà è definitiva, Egli porterà a compimento il suo decreto e questo avverrà presto».
Dopo queste parole Yosef concluse dicendo: «Io ti insegnerò, o re, come porre rimedio agli anni di carestia ed evitare la fame. Scegli un uomo che si faccia carico della situazione. Egli e i suoi ufficiali avranno l’incarico di raccogliere un quinto del prodotto degli anni di abbondanza e di metterlo da parte nei magazzini regali. Questo grano sarà tenuto come riserva per gli anni di carestia quando le terre non produrranno nulla, in questo modo gli abitanti non subiranno la minaccia della fame e della morte».
Faraone fu molto colpito: «Hai ragione» disse. Egli decise di nominare Yosef capo di tutta l’operazione che avrebbe scongiurato lo spettro della carestia e della fame che avrebbe portato la morte tra gli egizi.
Che lezione si può derivare dalla narrazione di come Yosef raggiunse una tale grandezza in seguito all’interpretazione dei sogni di Faraone?
Tra le altre cose insegna che il raggiungimento della ricchezza e del successo è nelle mani di D-o, non nelle nostre. Se Egli lo vuole uno schiavo imprigionato in un attimo può trasformarsi in un re; se Egli lo decreta un re può divenire schiavo. D-o solo determina se una persona sarà ricca o povera, se la sua attività sarà fiorente o fallimentare.
Il trambusto suscitato dalla decisione del re fu notevole soprattutto a corte. Tutti i ministri e i nobili protestarono: «Può uno schiavo, che è stato venduto per venti pezzi d’argento e per di più appena liberato dal carcere, essere elevato al di sopra di noi?».
Faraone rispose loro:«Quest’uomo certo non dà l’impressione di essere uno schiavo Sembra un uomo libero, figlio di una grande e nobile progenie. Non vedete la sua bellezza, la sua personalità raffinata? Egli è nato per il comando».
In effetti la natura regale di Yosef era stata notata da tutti coloro che erano venuti in contatto con lui. Potifar per primo e il capo delle guardie della prigione, poi, avevano pensato che Yosef sembrava nato per ottenere la grandezza tra i suoi simili.
I ministri tuttavia si lamentavano: «Egli non può essere elevato a tal punto non gli può essere arrogata tanta autorità».
«E perché no?» rispondeva Faraone.
«Tu conosci la legge tanto quanto noi – replicavano i ministri – un re degli egizi, come pure un vice re, deve parlare correntemente 70 lingue, ma Yosef parla fluentemente solo l’ebraico».
«Chi dice questo? Lo metterò alla prova domani stesso, comunque» decise il re.
Durante la notte Yosef ebbe una visione. Un angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Ti insegnerò 70 lingue». Ma sebbene Yosef si applicasse, non riusciva a tenere a mente la lezione dell’angelo. D-o allora disse: «Io ti aiuterò, in considerazione del grande kiddush ha-shem che hai fatto non ascoltando le parole della moglie di Potifar. Aggiungerò una lettera del mio Nome Divino al tuo nome, prenderai il nome di Yehosef, così potrai ricordare».
Immediatamente Yosef, per un miracolo Divino, fu in grado di ricordare tutto ciò che l’angelo gli insegnava.
La mattina successiva Faraone lo convocò con lo scopo di interrogarlo.
Il re gli rivolse una domanda in lingua egizia e Yosef rispose nella medesima parlata. Faraone lo invitò a salire un gradino del suo trono, quindi gli parlò in aramaico e Yosef gli rispose a tono, fu così che salì ancora di un gradino.
Faraone, poi, gli parlò in fenicio e Yosef replicò in fenicio, salendo ancora di un gradino.
In breve Faraone gli parlo in tutte le settanta lingue e Yosef rispose sempre a proposito e nella lingua proposta dal re, fino a che si venne a trovare in cima all’imponente gradinata del trono, proprio di fronte a Faraone.
Là fu il turno di Yosef. Egli si rivolse a Faraone in ebraico, ma il re non fu in grado di rispondere, non conosceva quella lingua. Il re fu in imbarazzo.
«Insegnami l’ebraico» comandò a Yosef e questi cominciò a istruirlo, ma il re non fu mai in grado di imparare, perché la santità non può entrare in una mente impura.
Faraone gli fece promettere, tuttavia, che non avrebbe mai rivelato a nessuno il suo segreto, il fatto che lui era a conoscenza di una lingua in più rispetto al re stesso.
«Vedete – Faraone disse ai suoi ministri – se lui fosse stato uno schiavo, come potrebbe dominare in questo modo 70 lingue differenti?».
Tutti i ministri cominciarono a intessere lodi a Yosef e Faraone stesso disse ancora: «Anche se avessimo cercato per tutto il mondo conosciuto non avremmo potuto trovare un uomo pari a Yosef in saggezza e sapienza, su di lui è lo spirito Divino». Voltosi poi a Yosef aggiunse: «Non vi è nessuno saggio come te. Tu sovrintenderai alla mia casa e provvederai a tutte le necessità del popolo. Tu governerai su tutto l’Egitto tutti ti renderanno onori, mentre tu dovrai rendere onore e rispetto solo a me, in quanto tuo sovrano».
Faraone gli diede il suo anello come segno della nomina a vice re dell’Egitto e lo vestì con lino fine.
Yosef prese posto su di un carro speciale accanto a Faraone e fu portato per le vie della capitale in trionfo, tra grandi onori.
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