Quando c’era il Santuario era un precetto positivo, per il popolo ebraico, quello che imponeva di dare ogni anno mezzo shekel, impiegato, poi, per l’acquisto degli animali per i sacrifici della comunità dei figli di Israel. Tutti i sacrifici comuni offerti durante l’anno erano comprati con le offerte del mezzo shekel ricevute solo in quel medesimo anno, e non in un anno qualsiasi.

Tutto il popolo si doveva far carico di questa mitzvà, anche i poveri che vivevano di carità. Se un indigente non possedeva mezzo shekel, doveva chiederlo in prestito o vendere un suo indumento, perché il versetto di Shemot (30, 15) dice: Il ricco non offrirà di più, ne il povero darà meno di mezzo shekel, tributo che non può essere pagato, d’altra parte, neppure a rate.

Tutti i contributi dovevano giungere al Santuario entro Rosh Chodesh nissan, perché proprio in quella data si attingevano i fondi necessari per comprare gli animali da offrire come sacrificio della comunità durante l’intero corso dell’anno. Era necessario che tutto Israel avesse una parte in quei sacrifici poiché erano di espiazione per tutti gli ebrei. Era uso fare pubblici annunci, a partire da Rosh Chodesh adar, per ricordare al popolo che avrebbe dovuto portare il mezzo shekel, in modo da far sì che tutti avessero il tempo sufficiente per raccogliere la somma. Il quindici di adar coloro che erano delegati alla raccolta delle offerte potevano cominciare a recarsi nelle diverse città di loro competenza e chiedere che fosse versato il contributo. Chi non avesse versato il mezzo shekel in quel momento, comunque, non sarebbe stato obbligato a farlo. Il 25 di adar tutti i delegati alla raccolta si radunavano nel Santuario e, da quella data, coloro che non avevano ancora versato il mezzo shekel erano obbligati a farlo.

I Saggi stabilirono che lo Shabbat immediatamente precedente il mese di adar, eventualmente di Rosh Chodesh adar, qualora tale ricorrenza coincidesse con uno Shabbat, si leggesse la porzione della Tora che menziona il mezzo shekel; per la durata di un intero sabato tutto Israel si riuniva per ascoltare la lettura della Tora nelle Sinagoghe e nelle Case di Studio. Il passo prescelto, cosi, aveva una funzione di richiamo e riportava alla memoria di tutti il dovere di compiere la mitzvà entro il tempo stabilito.

Oggi, poiché il Bet Hamikdash, il Santuario di Gerusalemme, non e edificato e non si presentano più i sacrifici, non e più possibile adempiere al precetto relativo al mezzo shekel, tuttavia, si legge ancora il brano tratto dalla parashà di Ki Tissà nel tempo appropriato, in modo tale che la lettura della Torà si sostituisca, nei nostri giorni, all’atto materiale, come e detto dal versetto di Oshe’a (14, 3): Le nostre labbra sostituiranno i sacrifici, ovvero le nostre preghiere prenderanno il posto degli animali che non possiamo più portare in sacrificio.

C’è anche un’altra ragione che spinse i Saggi a stabilire che si leggesse la porzione di Shekalim nel momento appropriato in ogni tempo: si tratta del fatto che, poiché si prega quotidianamente affinché il Bet Hamikdash sia presto ricostruito nei nostri giorni, e necessario avere familiarità con il corretto adempimento di tutte le mitzvot. Quella relativa la mezzo shekel, inoltre, e particolarmente significativa, poiché insegna che davanti a D-o ogni singolo appartenente al popolo e uguale. La parte più importante del Servizio Divino, infatti, rappresentata dall’offerta comune, era messa in pratica in uguale misura da ogni singolo. Non esistono ricchi o poveri di fronte a D-o, come non c’è alcuno che sia avvantaggiato o svantaggiato, ma tutti ci si trova allo stesso livello di fronte a Colui al quale tutti i sacrifici giungono ugualmente graditi.

Per ricordare al popolo che avrebbe dovuto portare il mezzo shekel, in modo da far sì che tutti avessero il tempo sufficiente per raccogliere la somma. Il quindici di adar coloro che erano delegati alla raccolta delle offerte potevano cominciare a recarsi nelle diverse città di loro competenza e chiedere che fosse versato il contributo. Chi non avesse versato il mezzo shekel in quel momento, comunque, non sarebbe stato obbligato a farlo. Il 25 di adar tutti i delegati alla raccolta si radunavano nel Santuario e, da quella data, coloro che non avevano ancora versato il mezzo shekel erano obbligati a farlo.

I Saggi stabilirono che lo Shabbat immediatamente precedente il mese di adar, eventualmente di Rosh Chodesh adar, qualora tale ricorrenza coincidesse con uno Shabbat, si leggesse la porzione della Tora che menziona il mezzo shekel; per la durata di un intero sabato tutto Israel si riuniva per ascoltare la lettura della Tora nelle Sinagoghe e nelle Case di Studio. Il passo prescelto, cosi, aveva una funzione di richiamo e riportava alla memoria di tutti il dovere di compiere la mitzvà entro il tempo stabilito.

Oggi, poiché il Bet Hamikdash, il Santuario di Gerusalemme, non e edificato e non si presentano più i sacrifici, non e più possibile adempiere al precetto relativo al mezzo shekel, tuttavia, si legge ancora il brano tratto dalla parashà di Ki Tissà nel tempo appropriato, in modo tale che la lettura della Torà si sostituisca, nei nostri giorni, all’atto materiale, come e detto dal versetto di Oshe’a (14, 3): Le nostre labbra sostituiranno i sacrifici, ovvero le nostre preghiere prenderanno il posto degli animali che non possiamo più portare in sacrificio.

C’è anche un’altra ragione che spinse i Saggi a stabilire che si leggesse la porzione di Sheqalim nel momento appropriato in ogni tempo: si tratta del fatto che, poiché si prega quotidianamente affinché il Bet Hamikdash sia presto ricostruito nei nostri giorni, e necessario avere familiarità con il corretto adempimento di tutte le mitzvot. Quella relativa la mezzo shekel, inoltre, e particolarmente significativa, poiché insegna che davanti a D-o ogni singolo appartenente al popolo e uguale. La parte più importante del Servizio Divino, infatti, rappresentata dall’offerta comune, era messa in pratica in uguale misura da ogni singolo. Non esistono ricchi o poveri di fronte a D-o, come non c’è alcuno che sia avvantaggiato o svantaggiato, ma tutti ci si trova allo stesso livello di fronte a Colui al quale tutti i sacrifici giungono ugualmente graditi.