Inizialmente, rabbi Shlomo di Radomsk, chiamato anche Tifèret Shlomo, dal nome della sua opera più famosa, rifiutò categoricamente la carica di rebbe.
La settimana precedente la festa di Shavu’òt, moltissimi chassidìm provenienti da diverse località, si radunarono nella sua città per trascorrere con lui questa gioiosa ricorrenza, ma rabbi Shlomo non li accolse con entusiasmo: anzi, alzò la voce cercando di dissuaderli in tutti i modi possibili a rimanere con lui. «Non sono il vostro rebbe – gridava – non dovete rivolgervi a me se volete avere una guida spirituale!». Ma i suoi sforzi furono assolutamente vani: nessuno si accinse a tornare a casa o a muoversi. Col passare delle ore, la folla, anziché diradarsi, aumentava sempre di più, in attesa che rabbi Shlomo cambiasse idea.
Poiché vide che i suoi tentativi di convincere i chassidìm non avevano raggiunto lo scopo desiderato, Tifèret Shlomo decise di passare all’azione.
Preparò i suoi bagagli e si recò presso il grande rabbi Yechezkel di Kosmir, per trascorrere assieme a lui la festa di Shavu’òt. Quando rabbi Yechezkel lo vide arrivare, non riuscì a trattenere lo stupore per l’inattesa visita:
«Com’è possibile che lei abbia lasciato i suoi seguaci come un gregge senza pastore, fuggendo da loro? Lei non conosce forse il commento di Rashi al versetto Moshé scese dal monte al popolo? Rashi spiega che Moshé trascurava completamente le sue questioni personali, e andava dal monte al popolo e dal popolo al monte...
Quali potevano essere gli affari personali di Moshé? In realtà, tutto il popolo era intento a preparasi spiritualmente a ricevere la Torà. Moshé, dal canto suo, aveva bisogno di una preparazione spirituale molto più accurata e profonda, poiché egli avrebbe ricevuto le Tavole della Legge direttamente da D-o. Eppure, anziché occuparsi dei propri affari, ossia di dedicarsi al miglioramento di se stesso, si impegnava invece a favore del popolo: dal monte al popolo, dal popolo al monte...
Come ha potuto lei, rabbi Shlòmo – continuò rabbi Yechezkel – abbandonare un’intera comunità?».
Rabbi Shlomo allora rispose: «Moshé era comunque vicino al monte Sinay e per questo la sua preparazione spirituale non necessitava di molto impegno. Anch’io voglio essere vicino a un monte Sinay, ossia vicino a lei, rabbi Yechezkel».
Così rabbi Shlomo rimase a trascorrere la festività presso il suo grande rabbino. Si racconta che lo Shavu’òt di quell’anno fu unico nel suo genere per la gioia e la santità che si percepiva in presenza di questi due grandi tzadikìm, tra canti e balli che salivano fino al cielo...
Solo in seguito a questi avvenimenti, rabbi Shlomo accettò di tornare nella sua città e di prendere l’importante carica di guida spirituale dei suoi chassidìm.
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