Domanda: Mi incuriosisce sapere qual è l’opinione ebraica sull’imprecare e dire parolacce? So che i nostri corpi sono considerati come un santuario e che diffamare il nome di D-o è sbagliato, ma una piccola parolaccia ogni tanto, magari quando si è irati?

Risposta: Prova a pensare a una persona saggia, gentile e premurosa. Un tipo di donna o uomo che rispetti profondamente e che è per te un esempio da seguire.

Ebbene, potresti immaginare che una persona del genere parli in modo sporco in uno scatto improvviso d’ira? Probabilmente no, e per un buon motivo, ovvero perchè non è un comportamento santo.

Kedoshìm tihiyù - siate santi” ci esorta la Torà, all’inizio della parashà di Kedoshìm (Levitico 19,2). Questo comandamento è diverso da tutti gli altri comandamenti che lo seguono e che trattano di argomenti specifici inerenti alla purezza familiare, la purezza rituale ecc. I saggi spiegano (Sifra) che la parola ebraica kadòsh, tradotta normalmente come ‘santo’ significa in effetti distinto o separato. Se ne deduce quindi che queste parole esprimono il comandamento di separarci.


Separarci da cosa? Tanto per cominciare, da un linguaggio volgare.

Per parafrasare Nachmanide sullo stesso verso, nonostante la Torà proibisca certi comportamenti e alcuni cibi, allo stesso tempo essa permette l’intimità tra marito e moglie e la consumazione di carne e vino kashèr. Pertanto può esserci un ghiottone che mangia solo cibo kashèr, un ubriacone che beve solo vino kashèr o un uomo sposato che si comporta in modo volgare con sua moglie. Oppure potrebbe esserci una persona che parla in modo disgustoso: un comportamento che non viene esplicitamente proibito nella Torà. Perciò è possibile che una persona sia, nelle parole classiche di Nachmanide, “disgustoso con il permesso della Torà”.

In altre parole, la Torà stessa richiede che si vada oltre ai parametri da essa stabiliti e che si viva una vita distinta ed elevata. La Torà ci dice che per essere sacri non basta “fare questo e non fare quello”. Infatti ci sono cose che vanno fatte di propria iniziativa, andando oltre il seguire le semplici istruzioni, come piccoli passi per diventare persone migliori.

Effettivamente, usare un linguaggio volgare non solo impedisce di salire di livello, ma trascina più in basso.

Il Talmùd, in Ketubòt 8b parla molto severamente di una persona che parla in modo volgare. Nonostante in generale si considera la parola come un atto superficiale, tuttavia essa ha un impatto molto forte sull'io interiore. Per quanto uno possa avere un carattere eccellente e nobile, un paio di parole brutte possono buttare giù la persona in pochi istanti.

Anche il contrario è vero. Una persona volgare può diventare più raffinata se migliora il modo in cui parla. Perciò la shemiràt halashòn, ovvero la stare attenti alla propria lingua, è considerata uno dei primi passi necessari per correggere difetti nel proprio carattere.

Tornando alla tua domanda, è peccato imprecare quando si urta il proprio alluce? Forse no, tuttavia stare attenti a tutte le parole che escono dalla propria bocca è sicuramente un aspetto importante del vivere la vita sacra di un Ebreo.

Rav Yisroel Cotlar, per gentile concessione di Chabad.org