Durante il seder di Pesach si procede a riti nuovi e inusuali che risvegliano immancabilmente la curiosità dei bambini. Ciò ci induce ad iniziare con loro un dialogo costruttivo. Infatti, solamente ascoltando le loro domande possiamo sapere quali sono i loro sentimenti, i loro punti interrogativi, gli aspetti della vita che suscitano in loro perplessità o curiosità.

Ogni figlio, si sa, è diverso dall'altro. Alcuni sono molto loquaci ed espansivi. Altri sono l'opposto: taciturni ed introversi. In questo caso è più difficile per i genitori capire veramente cosa succeda loro, cosa pensino e cosa sentano. È compito di ogni genitore esplorare il loro mondo. A volte il loro silenzio potrebbe essere legato ad un'esperienza negativa vissuta in passato. E forse li abbiamo giudicati erroneamente quando hanno tentato di raccontarci un accaduto, o possono aver percepito indifferenza o mancanza di comprensione e solidarietà.

Quali genitori, dovremmo aspirare tutti ad incutere sicurezza ai figli, affinché essi possano condividere con noi i loro turbamenti. Altrimenti, molto probabilmente, cercheranno rifugio in persone estranee.

È importante trovare tempo da dedicare a un figlio, sedersi per prestare ascolto solo a lui, in privato, con domande chiare e aperte, del tipo: “Come è andata la tua giornata a scuola?” “Chi sono i tuoi migliori amici?” “Perché vuoi bene a loro più che agli altri?” “Cos’è la cosa più bella che ti è successa oggi?” “Cos’è la cosa peggiore che ti è successa oggi?” Oppure gli si può chiedere la sua opinione su determinate persone o sulle questioni di famiglia.

Dare retta ad un figlio a lungo, osservando le sue espressioni e studiando bene i termini che usa per spiegare i suoi sentimenti ci permetterà di capire meglio le sue emozioni evitando di giudicarlo o criticarlo. Per le confidenze più intime si può anche approfittare del momento della buona notte. Sedersi accanto ai bimbi, coccolarli un poco, parlar loro, augurarli sogni d'oro e dire lo shemà insieme: sono momenti tanto preziosi che i nostri figli serberanno nel cuore per sempre. Da adolescenti saranno poi più portati a confidarsi con noi che con estranei.

Tuttavia, non dobbiamo essere sempre noi a scegliere il tempo per chiacchierare solo perché ci fa comodo; spesso i figli necessitano di essere ascoltati quando attraversano periodi di difficoltà, quando ne sentono il bisogno loro, non noi. Se scegliamo momenti poco propizi alla conversazione, se siamo troppo insistenti, se poniamo domande in modo incalzante, si infastidiscono e il dialogo viene vissuto da loro come un tormento. Queste fasi sono tanto delicate quanto decisive nella vita di un bambino. Occorre dunque una buona dose di sensibilità, di buon senso e di giudizio per non rovinarle e trasformarle in qualcosa di disastroso. Semplici domande quali: “Com’è andato l’esame di oggi? A cosa hai giocato durante la ricreazione?” possono bastare. O domande più dirette ed esplicite quali: “Se tu potessi avere tutto dalla vita, quali sarebbero le tre cose più importanti che chiederesti?”. In base alla sua risposta saremo in grado di avere un'idea più o meno chiara su ciò che nostro figlio pensa, su come ragiona. Progressivamente e solidamente si instaurerà un rapporto di fiducia che renderà i nostri figli sicuri, forti, e che li porterà col tempo ad aprire essi per primi il dialogo con noi in modo naturale, non artificioso, e senza bisogno di lanciare segnali preoccupanti per attirare la nostra attenzione.

Di Rav Yakov Lieder per gentile concessione di Chabad.org traduzione di Daniel Raccah