“Benedetto sia Tu, o S-gnore, che liberi i prigionieri”
Pesach è senza alcun dubbio per noi Ebrei la Festa della libertà per antonomasia, la Festa nella quale il concetto di liberazione si personalizza a un punto tale che tutti ci sentiamo individualmente partecipi della Storia, tanto che abbiamo la sensazione di essere direttamente e soggettivamente liberati dall'Egitto quasi che fossimo noi stessi protagonisti dell'antichissimo sconvolgente episodio (come tra l'altro ci raccomanda di fare il trattato Talmudico Pesachìm 116b).
Sia la poetica suggestione delle bellissime parole del racconto Haggadico, sia la commovente partecipazione ai Sedarim familiari, sia l'effettiva presenza dentro di noi delle scintille degli autentici liberati da Mizraim (Egitto), ogni Ebreo dovrebbe sentire sulla propria pelle, anche se per un breve spazio temporale, la dolorosa esperienza del prigioniero e il sollievo estremo di colui che all'improvviso venga miracolosamente riscattato da una catena che riteneva infrangibile e da una condizione talmente abietta e disperata da ridurlo a meno di niente, a uno schiavo senza speranza.
«Questo è il pane dell'afflizione... » dicono le parole dell'Haggadà, e così ogni ingrediente del Seder si riveste e si carica di un significato poetico e drammatico che si rinnova ogni volta, dal pane azzimo appunto, all'uovo sodo, alle erbe amare, alla charoset.
Goel Israel, il Liberatore d’Israele, è dunque uno dei Nomi più belli di D-o, anche perché questo titolo è D-o stesso che l'ha rivendicato riserbando solo a Se medesimo la capacità di riscattare il Suo Popolo con «braccio potente e mano distesa» sempre seguendo l'affascinante testo che tutti conosciamo. Come si vede quindi, è D-o stesso che dà valore oggettivo alla libertà fisica dell'uomo e che lo libera in modo pratico ed evidente non limitandosi a un'azione puramente metafisica quale potrebbe interessare solo a teorici ignari di un'effettiva e lacerante esperienza di reale costrizione fisica.
D-o vuole gli Ebrei effettivamente liberi perché ha udito e preso in considerazione il loro grido e così Egli decide di dar loro, oltre che la guida spirituale dei Suoi Eletti, Mosè e Aronne, anche la sensazione ineffabile di non sentirsi più schiavi di altri, ma padroni completi di se stessì, nel corpo e nell'anima, liberi di tornare alla Terra dei Padri, liberi soprattutto in piena serenità di giudizio di accettare il dono meraviglioso e terribile della Santa Torà. Dopo queste considerazioni che ci sembrano non fuori luogo, visto che l'uomo nato libero, che non ha mai conosciuto la prigione o peggio il lager nazista o che so, la costrizione stalinista o brezneviana, ha spesso la colpevole tendenza a sottovalutare la propria libertà o almeno a non apprezzarla abbastanza così che solo entrando anche se con la sola fantasia nell'esperienza terribile dei Nostri Padri può rendersi conto di quanto immenso sia questo dono del Goel Israel, passeremo ad altre riflessioni, questa volta sulla libertà spirituale.
A tutti noi è noto anche che i Nostri Padri, a contatto con le devastanti difficoltà dello stato di uomini liberi, carichi per la prima volta di gravi responsabilità e di problemi pressanti ed esistenziali del tutto nuovi per loro quanto inattesi, cominciarono a rimpiangere la sicurezza della condizione passata, il cibo sicuro, la vita tranquilla anche se miserrima dello schiavo in confronto alle asperità e alle ansie dell'uomo che per la prima volta si incammina su piste sconosciute e incerte, a rimpiangere insomma «le cipolle di Mizraim» e che, anche per questo, furono respinti dalla Terra Promessa.
Ora non è certo difficile né astruso il paragone fra le lontane cipolle di Mizraim e la vita sicura dell'uomo di oggi che dimentica gli ideali spirituali e religiosi che potremo assimilare alla Terra Promessa per affezionarsi proprio a quello che c'è di più squallido e materialista nella sua realtà di ogni giorno, così che proprio queste antiche cipolle diventano identiche alle ristrettezze morali e alle mediocrità quotidiane alle quali senza avvedercene ci affezioniamo. D-o oltre alla libertà fisica, ci ha dato anche quella spirituale, anzi soprattutto quella spirituale, un enorme territorio che possiamo percorrere a nostro piacere avendo un confine dogmatico infinitamente inferiore a quello di altre religioni, e un limite unico, quello delle mitzvòt negative, che tra l'altro ci impongono solo di non fare mai di non riflettere.
Un percorso mistico e intellettuale dunque, talmente vasto che ha fatto sì che l'Ebreo eccellesse durante i secoli in quasi tutti i campi dei pensiero umano, dalle scienze alla filosofia, dalla musica alla letteratura, dal cinema all'alta finanza. Non è bastato al Goel darci solo la libertà fisica, e sarebbe già stato bastante, sempre per seguire il testo Haggadico, Egli ha voluto darci anche il massimo dell'autonomia spirituale. Ed ecco che noi, scontenti, fastidiosi, petulanti e pretenziosi che un tempo abbiamo parlato contro Moshè Rabbenu fino a portarlo sull'orlo, si direbbe oggi, dell'esaurimento nervoso, se non fosse stato quell'umile e pazientissimo Tzaddik che tutti sappiamo, come allora rimpiangiamo i cibi meschini delle schiavitù e abbiamo orrore dei frutti miracolosi della Terra Promessa che ci fanno paura perché troppo belli e troppo grandi. Siamo piccoli, siamo di dura cervice, siamo pieni di pregiudizi da schiavi - chi è migliore di noi, chi è più avanti di noi sul cammino della perfezione spirituale, ci fa paura come gli immensi giganti nefilim che avevano impaurito i pavidi esploratori. Niente è più lontano dalla santità che il pregiudizio, lo Tzaddik è di larghe vedute, il piccolo uomo comune è pieno di limitazioni e di boria.
Si racconta che un Grande Rabbino, uomo di specchiata onestà e celebre per il suo amore per il vero fosse chiamato da un Signorotto di Russia o di Polonia a testimoniare in una causa contro gli Ebrei del suo paese.
Essendo gli Ebrei effettivamente colpevoli, il sant'uomo passò una notte terribile prima della mattina dei Giudizio. Che fare? Tradire il suo popolo o tradire la verità? Tale fu la lacerazione profonda della sua nobile anima che il Rabbino morì quella stessa alba levandosi così dalla tentazione di commettere, sia pure a fin di bene, un così grave peccato. La storia venne raccontata come dicono le cronache chassidiche al nostro grande Baal Shem Tov come edificante esempio di condotta esemplare. Al che il Maestro inaspettatamente commentò: «che pover'uomo era quel Rabbino, che peccato di orgoglio ha fatto dando così grande importanza al significato morale della sua sentenza! Se fosse stato più umile avrebbe salvato i suoi Ebrei e sarebbe ancora vivo!».
Ammettiamo che questa bellissima storia chassidica ha un significato mistico difficile ma estremamente profondo. Il primo Rabbino, benché buono e giusto, non era un uomo spiritualmente libero come il Baal Shem Tov che essendo un Santo, aveva già superato di molto i limiti del pregiudizio e della morale comune.
Perché abbiamo riportato questa storia? Perché liberare noi stessi da certe pericolose schiavitù mentali, dalle nostre personali miserabili cipolle è importante come evadere e uscire da una prigione reale.
I più bei Sedarim sono stati fatti in prigionia là dove veramente si sentiva quale fosse il valore della libertà sia fisica che spirituale e dove si viveva sulla propria pelle il momento esatto dell'uscita da Mizraim, dove veramente si esaltava la grandezza del Goel Israel.
Sia che i partecipanti fossero nobili studiosi perseguitati, innocenti Rabbini o peccatori sulla via della teshuvà, in nessuna casa normale si raggiungerà mai l'altezza spirituale di quei sedarim miseri nella materia, fatti a volte solo con un uovo e due matzòt portate da fuori da un coraggioso visitatore ma splendidi e tanto più graditi a D-o perchè vissuti fino all'ultima fibra del corpo e dell'anima. E quanto bello sarà il Seder di chi al di là di ogni pregiudizio borghese sarà riuscito a farsi affidare per una sera una ragazza o un ragazzo ebreo che era in carcere, a farlo uscire sulle sue responsabilità e a dargli la gioia di una dolce serata familiare dove veramente Eliahu Ha-Navi possa essere felice di presentarsi.
Il Rebbe di Lubavitch, il grande Leader spirituale della nostra generazione ha dato a tutti questa altissima lezione che i Suoi Messaggeri seguono. Loro che sono persone che vengono generalmente da famiglie di religiosi all'antica e che hanno a livello intellettuale solo esperienze di studio e di preghiera senza alcuna conoscenza diretta delle cose brutte del mondo, sono stati mandati dal Rebbe nel deserto più divorante e pauroso, quello della diversità, del dolore, della malattia e della droga, a riportare all'Ebraismo persone che alla maggior parte di coloro che ci leggono farebbero semplicemente drizzare i capelli sulla testa al solo vederli.
Questa è la vera libertà spirituale, andare oltre il deserto, superare la mediocrità di Mizraim e anche portare agli altri Ebrei questo messaggio.
Così per il Seder si troveranno come tutti gli anni alla tavola dei Lubavitch non solo candidi scolari di Yeshivà ma detenuti in semi-libertà, o ex detenuti o perlomeno persone con un pesantissimo passato che però renderanno talmente grazie a D-o per questa libertà così sofferta e per questo, così apprezzata, da rendere veramente la celebrazione di Pesach così intensa e talmente commovente da farci certo fare un passo avanti verso il giorno della liberazione definitiva e ultima, quella dell'arrivo del Messia.
Di Donatella Valori, z"l
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