La festività di Péssach ha tre diversi nomi che ne indicano il significato profondo. Nella Torà Scritta, essenzialmente nel Pentateuco, viene designata con l’espressione Festa delle Azzime; nelle preghiere, invece, si chiama Tempo della Nostra Libertà, mentre nel linguaggio dei nostri saggi e in quello ormai diventato comune viene chiamata semplicemente Festa di Péssach. Apparentemente si tratterebbe soltanto di sinonimi, ma la chassidùt spiega che in realtà le tre terminologie indicano le diverse fasi che i figli di Israèl attraversarono a partire dall’uscita dall’Egitto fino al dono della Torà.
I discendenti di Ya’akòv formavano già un popolo mentre si trovavano in Egitto, come ci insegna la Torà stessa (Devarìm 26, 5): un popolo grande, potente e numeroso. Ma fu solo dopo la liberazione da questa lunga schiavitù che iniziarono a rappresentare una realtà completamente diversa: un popolo strettamente legato alla Torà, la cui essenza era la Torà stessa. Grazie a tale legame che era in realtà lo scopo della liberazione dalla schiavitù – come è scritto: quando Hashèm farà uscire il popolo dall’Egitto, servirete il Signore su questo monte (Shemòt 3, 12) – il popolo ebraico si elevò notevolmente, cambiando al punto di non avere più nulla in comune con quello che era in passato.
Questa trasformazione così radicale, questo processo in cui il popolo ebraico acquisì la sua vera identità, fu caratterizzato da tre fasi successive.
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