È vicina Shavu'òt, la festività che commemora la Promulgazione della Torà. È giunto il momento di porsi la domanda: Quale è il segreto della nostra sopravvivenza? Cosa ha aiutato il nostro popolo a sopravvivere dal momento in cui esso venne proclamato "un reame di sacerdoti, una nazione consacrata", fino ad oggi?
Fu la ricchezza o la forza?
Se esaminiamo spassionatamente la lunga storia del nostro popolo, vediamo che non fu la ricchezza materiale e nemmeno la forza fisica ciò che permise al popolo ebraico di sopravvivere attraverso i secoli. Anche ai prosperi tempi della monarchia unificata di Re Salomone, il popolo e lo stato ebraico non potevano sostenere minimamente il confronto con imperi contemporanei quali l'Egitto, l'Assiria e la Babilonia.
Fu forse il fatto di avere una patria?
È chiaro che non fu il fatto di appartenere ad uno stato o di avere una patria. Infatti, per la massima parte della sua storia, il nostro popolo non ebbe uno stato indipendente, ma visse nella diaspora.
Fu forse una lingua comune?
Che non sia stata la lingua ad unire il nostro popolo, è chiaro, perché perfino ai tempi biblici l'aramaico cominciò a soppiantare, come lingua parlata, la Lingua Sacra. Alcuni squarci della Scrittura, quasi tutto il nostro Talmùd babilonese, lo Zohar, ed altri testi ancora, sono stati scritti in tale idioma. Ai tempi di Sa'adià e di Maimonide, la maggior parte degli ebrei parlava l'arabo, mentre più tardi prevalsero lo Yiddish ed altre lingue.
Fu forse una cultura comune?
Non è nemmeno stata una cultura laica comune a preservare il nostro popolo. Questa infatti ha subito cambiamenti radicali da un periodoo all'altro della nostra storia. L'unico elemento rimasto immutato attraverso tutti i periodi della storia ebraica, è l'osservanza tenace della Torà e delle Mitzvòt da parte degli ebrei nella loro vita quotidiana in qualsiasi parte del mondo ed in ogni circostanza.
È vero che sono sorti, di tanto in tanto, gruppi dissidenti che hanno cercato di allontanarsi dal Giudaismo della Torà, come ad esempio i movimenti idolatri durante il periodo del primo Bet haMiqdàsh gli Ellenisti durante il secondo, gli as-similazionisti Alessandrini, i Caraiti, ecc.; ma nessuno ha durato a lungo e sono tutti scomparsi. Se consideriamo le cose senza alcun preconcetto, dobbiamo riconoscere che il nostro attaccamento alla Torà e la pratica delle Mitzvòt nella nostra vita quotidiana, sono i fattori fondamentali della nostra esistenza e della nostra sopravvivenza.
Il segreto della nostra sopravvivenza stà nel fatto che siamo "un popolo che dimorerà solo", e che ognuno di noi, uomo o donna, crede nel D-o Unico, e conduce una vita conforme alla Torà, che è anch'essa unica, eterna ed immutabile. La "diversità" e l'indipendenza del nostro pensiero e della no-stra condotta, non sono la nostra debolezza, bensì la nostra forza. Solo così possiamo compiere la missione, che il Creatore ci ha affidato, di essere al cospetto del Signore "un reame di sacerdoti, una nazione consacrata , e perciò anche un ... tesoro" fra tutti i popoli"
NOTE:
Questo saggio è basato su una lettera pastorale del Rebbe di Lubavitch.
Numeri 23 : 9.
Esodo 19: 6.
Ibid. 5.
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