"Quando ti sarà venduto come schiavo il tuo fratello ebreo o ebrea, egli ti servirà sei anni, ma nel settimo anno lo dovrai lasciar andare via libero da te. Quando lo licenzierai dal tuo servizio non lo devi mandare via a mani vuote, gli darai una sovvenzione dal bestiame, dal raccolto e dal vino che il Signore, benedicendoti, ti ha concesso" (Devarim, 15:12-14).

Questi versetti si riferiscono alla mitzvà dell’emancipazione degli schiavi.

Se una persona è stata fatta schiava per debiti non saldati o per qualsiasi altra questione economica, senza alcuna condizione sarà rimessa in libertà.

Dal momento, però, che un netta minoranza del popolo ebraico si veniva a trovare in tale condizione di schiavo da emancipare, perché la Torà dice: “proclamerete libertà nella terra per tutti i suoi abitanti”?La maggior parte degli abitanti era già libera!

Il Pené Yehoshu’a spiega il passo analizzandolo profondamente dal punto di vista psicologico. Lo stato di schiavitù non priva della libertà solo lo schiavo, ma anche il padrone stesso. Una persona che domina sugli altri non è veramente libera a sua volta, come osserva correttamente il Talmud: colui che acquista uno schiavo acquista un padrone su di sé (Kiddushin 20a).

La schiavitù più grande si ha quando si è sottomesso al proprio ego. Chiunque desideri esercitare il suo controllo sugli altri è portato fatalmente a essere a sua volta dominato da questo suo stesso desiderio e dalla necessità, una volta raggiunto lo scopo, di mantenere il potere, quindi a sua volta non sarà mai una persona libera. L’individuo veramente libero è colui che non desidera esercitare alcun controllo sugli altri. Una persona psicologicamente matura capisce quale enorme impresa sia controllare se stessa e si occupa, quindi, di esercitare prima di tutto l’autocontrollo non avendo poi energie e tempo, o semplicemente interesse e desiderio per dominare anche gli altri. Ma come comportarsi quando la schiavitù, quindi il dominio sull’altro, non è voluta, ma è il risultato di pagamenti insoluti che hanno costretto il debitore ad andare schiavo? Come si riflette questa situazione sul carattere di colui che si ritrova a essere padrone? In primo luogo è necessario tenere conto della mentalità di chi compera uno schiavo, perché una persona che deliberatamente decide di esercitare un controllo su un altro essere umano certamente non si trova nel medesimo stato psicologico di colui che, per altre cause, si ritrova a essere padrone di uno schiavo. In secondo luogo tutto ciò trova riscontro nella società. Una società sviluppata trova mezzi alternativi affinché i suoi membri non siano costretti a rendersi schiavi del proprio prossimo. La Torà dice con enfasi: …"i figli di Israel sono miei schiavi, che ho tratto dalla terra dell’Egitto" (Vayikrà 25:55), cioè sotto di Me sono schiavi e per questo non possono essere venduti come schiavi. La dignità di una persona è nel suo essere asservita a D-o. Una società che rende necessario che un suo membro divenga schiavo per qualsiasi ragione fallisce nella sua opera di tutela dei diritti dei cittadini. Quando gli schiavi vengono posti in libertà, quando questo stato sarà un privilegio di tutti solo in quel momento tutti gli abitanti saranno liberi.

(Tratto da Il Giubileo Rigenerazione della Terra e dell’Anima, Lulav Editrice).