Sul piano strettamente storico, questa data segna il giorno in cui l’Admur Hazaken, il Rebbe Shneur Zalman di Lyadi, è uscito dal carcere, prosciolto da tutte le accuse di cui era oggetto. Le ultime accuse rappresentavano una minaccia fisica contro la sua persona e anche contro i fedeli della sua comunità chassidica. Il 19 Kislev rappresenta dunque il giorno di redenzione di un grande leader spirituale del popolo d’Israele e di tutti quelli che gli erano vicini.
Tuttavia, secondo la tradizione ebraica, i discendenti e i discepoli di una persona che fu salvata miracolosamente devono pronunciare una benedizione formale. Sotto questo aspetto, la liberazione del Admur Hazaken senza dubbio merita di essere festeggiata da tutti i suoi discepoli in ogni generazione, anche la nostra, mentre molti di noi continuano ad attingere all’inesauribile sorgente del suo insegnamento. Quando, a maggior ragione, sappiamo che questo miracolo fu associato a un Kiddùsh Hashem, santificazione del Nome Divino, quest’obbligo ricade su ogni Ebreo. In realtà nel corso della storia, non hanno mai esitato i Saggi d’Israele nell’istituire dei giorni di festa in seguito a miracoli successi in alcune comunità ebraiche oppure ad alcuni individui; e queste feste sono ancora osservate dai loro discendenti.
Tuttavia, tutto ciò rappresenta solo la superficie degli eventi. In realtà, dietro tutto questo, si nasconde un aspetto molto più profondo. Innanzi tutto, ricordiamoci del contesto storico. Il movimento chassidico era all’inizio della sua vita e anche se era in veloce espansione, si imbatteva in numerosi mitnagdim,oppositori, capeggiati dal Gaon di Vilna, Rav Eliyahu. Dopo la scomparsa del Gaon, invece di placarsi, questa opposizione aumentò in modo aggressivo. Le pressioni esercitate contro i chassidim, tramite ogni mezzo e muri eretti dai vari dirigenti comunitari, finì per fomentare un notevole odio fraterno. Anche se esercitate da un numero ridotto di persone, le calunnie rivolte allo Admur Hazaken non erano altro che il riflesso di questo sentimento di odio e del peggioramento della lotta spirituale e raggiunse enormi proporzioni.
Era veramente opportuno che tutti potessero accedere all’insegnamento della Chassidùt che pretendeva significare elevazione ed esaltazione in seno al popolo ebraico?
L’incarcerazione del Rebbe Shneur Zalman di Liady e il suo processo erano di fatto solo un tentativo in vista di un’azione più ampia. Una sentenza negativa avrebbe avuto ripercussioni più chiare: il governo dello zar avrebbe potuto reprimere con una forza e una crudeltà inaudita tutta la comunità dei chassidim. Inoltre, con l’aiuto dei mitnagdim che consideravano i chassidim come una setta insolita, la condanna del Admur Hazaken avrebbe portato alla totale distruzione del movimento chassidico.
Pertanto, il processo al Admur Hazaken non era altro che un processo contro la Chassidùt. Quando fu pronunciato il verdetto finale e quando fu dichiarato innocente l’Admur Hazaken, fu tutta la Chassidùt ad essere lavata da ogni accusa. Liberato dagli oppressori, all’interno come all’esterno, il movimento chassidico poteva uscire dalla prigionia.
Di fatto Yud-tet-Kislev segna il termine della disputa contro la Chassidùt. Ovviamente, non tutti gli Ebrei di quel periodo divennero dei chassidim. Numerosi saggi d’Israele continuarono a dimostrare diffidenza nei loro confronti. Ma la lotta attiva, il tentativo di escludere il movimento chassidico dalla comunità d’Israele cessarono definitivamente. Da allora, la Chassidùt s’incamminò verso una ampia e totale apertura verso il mondo e questo cammino doveva condurla verso migliaia di famiglie ebraiche. Non stupisce quindi l’espressione “Capodanno della Chassidùt” poiché dal 19 Kislev, la Chassidùt si divulgò e si rafforzò senza mai più incontrare odio od opposizione veramente attiva. Anzi, quelli che non facevano parte dei chassidim finirono per rispettarli e onorarli.
Tuttavia, se vogliamo capire la vera quintessenza di quel giorno, dobbiamo andare oltre. Si sa molto bene che gli eventi “esterni” della Storia sono retti da forze eccezionali. Questo è vero sia per il macrocosmo sia per il microcosmo. “Nessuno può alzare un dito se non riceve un segnale da Lassù”. A maggior ragione quando si accenna a un caso come questo, il quale rappresenta una importanza storica e decisiva e la Provvidenza vi svolge un ruolo fondamentale. In questa storia, ogni dettaglio, ogni relazione di causa ad effetto possono essere collegati a eventi di natura più profonda, più trascendente. Sottolineano d’altronde i commentatori del libro di Daniele che nessuna guerra può essere dichiarata tra due nazioni fino a quando i loro rispettivi “principi”, i loro angeli celesti, non entrano prima in conflitto nel mondo Lassù. Anche nel nostro caso, la grande disputa tra chassidim e mitnagdim attinge la propria forza in alto, ben oltre ciò che si vede in apparenza.
Il 19 Kislev, il movimento chassidico ottenne in qualche modo l’autorizzazione da Lassù a proseguire senza limiti la propria espansione, non solo al livello delle idee ma anche al livello della rivelazione del Divino. Il problema vero che si trova in fondo a questa disputa era questa: “in quale misura era permesso, addirittura conveniente, rivelare e divulgare in seno a tutto Israele l’insegnamento della Chassidùt? Non si doveva fare una distinzione tra i grandi, i giusti, gli eruditi, da una parte e la gente comune, gli ignoranti dall’altra? C’era lì un grande timore: non era rischioso divulgare l’insegnamento del Baal-Shem Tov, fondatore due secoli prima del movimento chassidico, a persone che non possedevano una conoscenza sufficiente della Torà e che non avevano neanche delle capacità intellettuali idonee? Non poteva condurre alla decadenza anziché all’ascesa tanto desiderata? Si poteva svelare la dimensione divina di ogni cosa così come il livello di elevazione di ogni Ebreo per il semplice fatto che fa parte della collettività d’Israele senza cadere nella volgarizzazione, senza provocare il degrado del livello di studio della Torà e finalmente senza arrivare a deridere il rispetto dovuto al Cielo? A buon diritto, tutte queste domande erano prese sul serio dai dirigenti comunitari di quel periodo. Questi vedevano lì un vero dibattito che doveva essere discusso e al quale bisognava dare risposte. Sarebbe capace la loro generazione di sopportare un tale livello di rivelazione divina? Erano propizi il momento e il luogo? Era veramente opportuna l’apertura a tutti dell’insegnamento della Chassidùt che pretendeva apportare elevazione ed esaltazione in seno al popolo ebraico? Anzi, non ci sarebbero stati più torti e danni invece di effetti positivi?”
Tutte queste domande, tutte queste accuse riflettono l’intima dimensione di questo processo contro la Chassidùt. Non sorprende quindi che il rappresentante del movimento chassidico, che sedeva nel banco degli accusati e doveva rispondere alle domande fu proprio l’Admur Ha Zaken. E proprio lui che meglio incarnava tra tutti i rami esistenti la scuola di pensiero del movimento.
I giudizi che si decidono nei Cieli non rimangono appesi nei mondi superiori. All’instar di altre manifestazioni delle rivelazioni che ci vengono da Lassù, finiscono per scendere quaggiù dopo una serie di vari collegamenti, da mondo a mondo, da livello a livello, fino a rivestire una forma veramente terrestre.
Tratto da Pocket Torah, una pubblicazione di Chabad Piazza, a cura di Chabadroma.org
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