Botta: Caro Rav, a volte la mia mente vaga e immagino me stesso mentre commetto un crimine. Non ho mai pensato che ci sia qualcosa di male in questi pensieri poiché non porto a termine il reato. Cosa pensi al riguardo?
Risposta: Il pensiero è l’aspetto della persona più difficile da controllare; è costantemente attivo e i pensieri penetrano nelle nostre menti a caso. Tuttavia è importante tenere presente che ogni azione viene preceduta da un pensiero. Ad esempio, una persona non commette adulterio senza pensarci e pianificarlo. È quindi chiaro che controllare i propri pensieri è un buon punto di partenza nel nostro sforzo di diventare una persona migliore.
Secondo il Talmùd: “I pensieri di peccato sono più dannosi del peccato stesso” (Yomà 29a).
Ciò significa che, sotto un certo aspetto, il pensiero del peccato è più dannoso del peccato stesso. Com’è possibile che sia così? Ci sono due componenti nelle malefatte di una persona:
1 L’azione negativa ed il suo effetto, che si vedono e percepiscono nel mondo fisico.
2 L’effetto dannoso spirituale che i misfatti hanno sulla persona che li compie.
Molti tendono a considerare solo la prima categoria: vivendo in un mondo fisico, valutiamo i fatti, e i pensieri non sono visibili e non possono essere giudicati. Nessuno viene arrestato per aver pensato di rubare. Lo stesso si può dire riguardo a un caso portato davanti a un tribunale rabbinico.
Ciononostante, dal punto di vista dell’anima, c’è qualcosa di particolarmente nocivo nel pensiero peccaminoso. Come dice Maimonide nella Guida ai Perplessi 3:8:
“La capacità di pensare viene dalla condizione spirituale peculiare dell’umanità. Perciò, usare il pensiero per il peccato vuol dire peccare per mezzo della parte più nobile di se stessi.”.
In altre parole, l’azione è qualcosa che condividiamo con molte altre creature. Possiamo usarla negativamente, come lo possono fare anche gli animali. Tuttavia, corrompere la nostra mente, che è specifica degli esseri umani, fa ancora più male, poiché abbiamo preso una cosa molto elevata e l’abbiamo portata molto in basso.
Secondo la filosofia Chabàd, l’anima ha tre vesti, ovvero tre modi di esprimere se stessa: il pensiero, la parola e l’azione.
Il pensiero, la veste più spirituale, è intimamente legato all’anima e condivide alcune caratteristiche. Il pensiero è costante e l’anima è sempre connessa al corpo. Inoltre, il pensiero rimane dentro la persona, come l’anima rimane parte della persona fintanto che questa vive.
Il pensiero di un peccato può infangare l’anima più di un’azione peccaminosa. Infatti, un peccato è un’espressione esterna dell’anima, mentre l’effetto di pensieri negativi è più profondo e di ampia portata (vedi Dèrech Chaim pag. 36 e 38).
Tenendo questo a mente, è possibile capire il detto talmudico sopra citato: “I pensieri di un peccato sono più dannosi del peccato stesso”.
Dominare il proprio pensiero è parte integrante dell’Ebraismo, ma non è certo facile controllare tutti i nostri pensieri in ogni momento; è una capacità che si acquisisce col tempo, e potrebbe volerci anche una vita intera!
Rav Schneur Zalman di Liadi, il fondatore del movimento Chabàd, offre ottimi strumenti e tecniche per aiutare a dominare i pensieri negativi ed egli parla del piacere incredibile che diamo a D-o quando ci sforziamo di controllare la nostra psiche. Per approfondimenti vedi i capitoli 26-28 del Tànya o chiedi al tuo rav Chabàd locale di studiare insieme.
Di Rav Yisroel Cotlar per concessione di Chabad.org
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