È superficiale focalizzarsi sui vestiti?

La parola ebraica per veste è beghed, ed essa ha le stesse lettere della parola bagàd, tradimento. Fin dall’inizio della storia dell’umanità, gli abiti sono collegati al tradimento. Infatti la Torà ci dice che divenne necessario indossare abiti solamente dopo il peccato dell’Albero della Conoscenza, quando Adam e Chavà tradirono D-o, se stessi e la loro innocenza.

Inoltre, lo scopo degli abiti è anche un tipo di tradimento e disonestà, poiché ha il compito di nascondere la vera essenza di una persona e di mostrare un aspetto esteriore. Infatti, una persona benestante può vestirsi come una persona indigente e viceversa; una persona che si sente triste può indossare vestiti che portano allegria, e una persona felice può indossare vestiti da lutto, ciò facendo rinnega la verità e dà un’impressione non consona ai propri sentimenti e alla realtà che sta vivendo.

Anche l’anima ha i suoi ‘abiti’. La Kabbalà insegna che l’anima ha una sua personalità, composta da un aspetto emotivo e uno intellettuale, come pure di abiti, ovvero la sua abilità di agire, di parlare e di pensare. Il pensiero, la parola e l’azione si chiamano abiti perché non sono l’anima stessa e, come gli abiti del corpo, possono tradire l’essenza di come l’anima è davvero. Come si sa, una persona può agire, parlare o pensare in modi che sono discordanti dal suo vero io.

Eppure, gli abiti e il tradimento che rappresentano non sono il male incarnato. Infatti, un’altra parola per abito in Ebraico è salmà, che ha le stesse lettera della parola shlemà completo. Da questa associazione impariamo un messaggio profondo: il vestito, l’abilità di tradire i propri sentimenti e pensieri profondi, possono e devono portare la persona ad essere sana e integra. Perché gli abiti influiscono su come ci sentiamo, dentro e fuori; per cui nonostante l’atto di vestirsi sia esterno, l’abito può avere un’influenza sull’umore e i sentimenti interni.

Lo stesso si può dire riguardo alle vesti dell’anima. Una persona può sentirsi crudele eppure può indossare una veste di bontà facendo una buona azione. Una persona può sentirsi triste eppure può allo stesso tempo sorridere e fingere di essere felice.

Al primo impatto potrebbe sembrare che queste azioni tradiscano il proprio stato d’animo, tuttavia dopo un po’ di tempo si vedrà che il tradimento porta invece al completamento e l’atto esterno avrà un effetto sul sentimento interiore.

In base a questo si capisce perché la Torà comanda il Sommo Sacerdote di indossare otto splendide vesti quando svolge il suo servizio nel Tempio Santo. Come D-o dice a Moshe nella parashà di questa settimana:

“Farai vesti sante per tuo fratello Aharòn, per l’onore e la gloria”.

Perché le vesti sono importanti per questo lavoro? Non sono forse un segno di vanità e superficialità? Come mai D-o non enfatizza le emozioni e lo stato spirituale dei Cohanìm anzichè le vesti esteriori?

La risposta è che gli abiti rappresentano il pensiero, la parola e l’azione, gli abiti metaforici dell’anima.

La Torà ci insegna che se vogliamo avvicinarci a D-o, è necessario indossare abiti bellissimi. È nostro compito focalizzare su abiti positivi e azioni positive anche se i nostri sentimenti non si abbinano agli abiti esteriori. Poiché eventualmente i bellissimi abiti e le azioni positive porteranno a un sentimento e uno status di completezza e appagamento dell’anima interiore.