«Mosè è verità e la sua Torà e verità» Talmùd Babà Batrà (74a).
«Sii fra i discepoli di Aronne: colui che ama la pace e ricerca la pace, che ama le creature di D-o e le avvicina alla Torà» Massime dei Padri (1:12).
In questa parashà, Hashèm affida ad Aharòn e ai suoi figli la responsabilità del servizio nel Mishkàn, indicando chiaramente che esso è il settore “privilegiato” di Aharòn. Eppure, fu Moshè a costruirlo, così come fu lui incaricato di formare il fratello al sacerdozio. I versetti che aprono la parashà offrono un ottimo esempio dellʼinterdipendenza e dell'intercambiabilità dei due ruoli: «E tu comanderai ai figli di Israele che ti portino lʼolio di oliva puro pestato affinché la luce si innalzi dal lume per perpetuo»; «Nella tenda di Assegnazione, al di fuori del Parochet che si trova innanzi alla Testimonianza, Aharòn e i suoi figli la accenderanno dalla sera alla mattina davanti a D-o». Il compito di accendere la Menorà (il Candelabro) è stato assegnato ad Aharòn e ai figli, tuttavia, lʼolio per accenderla, doveva essere consegnato da Moshè.
Questi due versetti sono la chiave per capire la complementarità dei due fratelli. Ad un certo punto, infatti, la Torà riporta il commovente ricongiungimento ai piedi del monte Sinai. Aharòn vi si recò su ordine del Sig-re, vi trovò il fratello e gli diede un bacio. Questo bacio fraterno simboleggia l'affiatamento cosmico al quale si riferisce il versetto dei Salmi (85 :11): «La bontà e la verità si sono incontrate; la rettitudine e la pace si sono baciate». La bontà e la pace sono caratteristiche di Aharòn, la verità e la rettitudine di Moshè.
Due fratelli-due guide
Le due guide dovevano plasmare un popolo che sarebbe servito da «luce di D-o per le nazioni». Di primo acchito l’espressione sembra un ossimoro poiché trattasi di una missione impossibile:
Hashèm è infinito e assoluto, il mondo che ha creato, invece, è limitato, sempre insoddisfatto e palesemente instabile. Ciononstante, il figlio di Israèl deve e può sorpassare questo paradosso facendo della sua vita un paradigma di assolutezza divina adattato al mondo temporale. I due aspetti di questo contrasto sono espressi nei due succitati versetti: il popolo di Israele è interpellato per «innalzare un lume perpetuo» eterno e inalterabile e questo lume deve ardere e proiettare la sua luce «dalla sera al mattino», ovvero aderendo alle stesse condizioni incostanti della sfera effimera nella quale si alternano, si mescolano e si sostituiscono la luce e l'oscurità.
Qui si fanno più nitide le linee di demarcazione fra le rispettive funzioni dei due profeti: Moshè fonte di olio puro che nutre la luce eterna; Aharòn è colui che inserisce la luce nella realtà, nel mondo eclettico, «dalla sera fino al mattino». Modellare una nazione che sormonterà questo contrasto esige dei rappresentanti delle diverse forze divine: da un lato, le qualità divine di «verità» e di «giustizia»; da un altro, gli elementi della «pace» e della «bontà» dai quali sgorgheranno la soggettività della creazione divina. Mosè, colui che trasmette la saggezza e la volontà del Sig-re, incarna la perfezione della Verità. Aharòn, massimo esponente dello sforzo umano per servire D-o, innalza in Sua direzione le materie della Sua creazione quale strumento della bontà e della pace. Insieme, i due illustri fratelli creano e conducono il ponte, ovvero Israèl, tra il Creatore e la Sua Creazione.
Tratto da un discorso del Rebbe di Lubavitch
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