Domanda: Ho sentito dire che un tempo la matzà era morbida, simile a una pita o una laffa, e che soltanto quando si è iniziato a produrla industrialmente è diventata dura come un cracker. È vero? Se sì, posso usare la mia pita come matzà?

Risposta: Sono migliaia di anni che gli ebrei discutono sullo spessore della matzà. Il Talmùd riporta un dibattito tra gli allievi di Shammài e Hillèl se sia permesso cuocere matzà di Pèsach che è spessa fino a un palmo di mano. La legge ebraica segue la scuola di Hillèl che permette la matzà più spessa, ma tutte le autorità sono d’accordo che uno spessore superiore a un palmo di mano non è accettabile.

Oltre al fatto che questo tipo di matzà può diventare chamètz (lievitata) più facilmente a causa del tempo di cottura, c’è anche un altro problema; quando la Torà ci comanda di mangiare matzà la sera del Sèder, usa l’espressione lèchem oni, “il pane del povero”, e secondo la legge ebraica il pane spesso non è considerato pane di un povero.

Tuttavia, considerando che la discussione sopra menzionata riguarda una matzà che è larga di qualche millimetro, è chiaro che un tempo la matzà veniva cotta con una proporzione più alta di acqua, rendendola più morbida rispetto al prodotto croccante che mangiamo al giorno d’oggi. Il Talmùd riporta un episodio in cui venne trovato un filone pieno di muffa durante Pèsach e non si riusciva a capire se fosse pane o matzà. La nostra matzà è chiaramente facile da identificare, anche dopo che viene stivata in un magazzino per un anno.

Eppure, nonostante alcuni ebrei di origine medio-orientale ancora preparino le matzòt spesse e morbide, la maggioranza delle matzòt oggi sono dure e fini. Come mai?

Le matzòt si assottigliano

Arrivato il 17esimo secolo, l’usanza corrente era di cuocere la matzà più fine del palmo di mano menzionato nel Talmùd. Rav Hilllel ben Naftali Tzvi (1615-1690) noto per il suo testo legale Bet Hillel, scrive che l’usanza era di preparare la matzà più fine del pane normale e spessa quanto un dito. Sembra che ci siano due motivi per l’assottigliamento della matzà attraverso gli anni.

1. Nonostante gli allievi di Hillel abbiano stabilito che la matzà debba essere spessa fino a un palmo di mano, c’è un’altra opinione nel Talmùd, quella di Rav Yosef, che definisce una matzà spessa come una più densa o come un pane più grande.

2. Rav Yom Tov ben Avrahàm Asevilli (1250-1330), noto come il Ritva, scrive che siccome il Talmùd non riporta una misura specifica riguardo all’opinione di Rav Yosef, è necessario stare attenti che la matzà usata per il Sèder non sia spessa per nulla. Di conseguenza, Rav Schneur Zalman di Liadi (1745-1812) scrive nel suo Shulchan Aruch che nonostante le matzòt spesse siano teoricamente kasher, devono essere ispezionate molto attentamente per assicurarsi che siano ben cotte in ogni parte. Egli conclude che si dovrebbe cercare di usare solo matzà fine.

Le matzòt diventano più secche e fini

Alla fine del 17esimo secolo la matzà era fine quanto un dito, ma era ancora morbida e pertanto rimaneva fresca solo per pochi giorni. Alla luce di questo e di considerazioni halachiche nel cuocere la matzà per Pèsach (bisogna stare molto attenti altrimenti si rischia di produrre chametz), si sviluppò l’usanza di preparare la matzà con un quantitativo minore di acqua rispetto alla farina, ottenendo così una matzà più dura che non diventava rafferma.

Questa matzà era più dura e spessa e quindi anche difficile da impastare. E qui nacque un altro problema. Infatti, se è difficile impastare e rotolare l’impasto, è possibile che un po’ di farina rimanga nell’impasto senza essere mischiata. Allo stesso tempo, siccome la matzà era dura, era più probabile che chiunque la mangiasse la volesse mettere in acqua per ammorbidirla. Questo poteva far sì che la farina non cotta si mischiasse con l’acqua, diventando chametz. Nonostante alcuni rabbini non lo considerassero un problema, altri erano dell’opinione che bisogna stare attenti. È possibile che questo sia il motivo per cui la matzà è diventata ancora più fine; inoltre, adesso che l’impasto era più facile da maneggiare, i fornai erano più impegnati nell’impastare la matzà e pertanto c’era meno timore che la farina non venisse mischiata bene. Alla fine del 18esimo secolo, la matzà fine come un cracker diventò comune.

Nonostante la soluzione di impastare meglio e creare una matzà più fine, molti, inclusi i chassidim Chabad, stanno comunque attenti che la matzà non si bagni. Rav Schneur Zalman di Liadi discute di questo argomento in un suo responso famoso. Durante il processo di cottura della matzà è uso stare molto attenti e sbrigarsi ad impastare e rotolare l’impasto entro i diciotto minuti previsti dalla halachà. Questo potrebbe far si che l’impasto non sia lavorato bene come una volta ed è possibile che ci siano dei fiocchi di farina sulla superficie della matzà. Pertanto si dovrebbe stare attenti a non bagnare la matzà per evitare che questi fiocchi diventino chametz.

Per concludere, è vero che la matzà che usavamo era più soffice e spessa. Il motivo per cui la matzà diventò più dura e fine nel corso degli anni era per legittime considerazioni halachiche che nacquero ben prima della nascita della produzione industriale delle matzòt. Ciò detto, anche se in teoria sarebbe possibile ancora oggi ottenere una matzà più morbida e spessa, a meno di non essere veri esperti del procedimento si rischia di ricavare un prodotto che sembra matzà dall’esterno ma che è in effetti chametz.

Rav Yehuda Shurpin, Chabad.org