Recentemente ho letto che l’intelligenza artificiale (IA) è talmente sviluppata che alcuni robot passano il test di Turin, un test che verifica se l’abilità del macchinario di mostrare un comportamento intelligente è indistinguibile da quella umana. Nonostante che oggi i robot non siano indistinguibili dagli umani in tutti gli aspetti, penso che un giorno potrebbero esserlo. Questo significa che un robot motorizzato dall’IA potrebbe un giorno essere considerato ebreo secondo la legge ebraica? Potrebbe essere contato in un minyàn?

Risposta:

Come disse il saggio Re Salomone: “Non c’è nulla di nuovo sotto il sole” (Ecclesiaste 1:9). Il concetto di uomini creati dall’uomo (golem) e la domanda riguardo alla loro “umanità” sono stati discussi fin dai tempi Talmudici. (Chiaramente esiste un’enorme differenza tra un golem “vivente” e un robot artificiale motorizzato, tuttavia questo è un buon punto di partenza per l’argomento in discussione).

Il Talmùd descrive che una volta, Ravà creò un “uomo” tramite i codici mistici del Sèfer Yetzirà (il Libro della Formazione). Egli poi mandò l’uomo da Rav Zeira, che cercò di parlare con questo essere, ma questi non aveva la facoltà della parola e quindi non rispose. Rav Zeira disse: “Sei una creazione di uno dei miei colleghi, torna alla tua polvere!” (Talmùd, Sanhedrin 65b).

L’approccio di Chacham Tzvi

Quest’”uomo” creato da Ravà era da considerarsi umano? Rav Zeira era forse colpevole della sua morte?

Il termine biblico per “umano” è spesso “(uno che è) nato da una donna” (Giobbe 14:1,15:14, 25:4), implicando che è definito ”umano” chi nasce da un umano. Inoltre, la Torà definisce l’omicidio come il “versare il sangue di un umano attraverso un umano” Genesi 9:7. Rav Tzvi Hirsch Ashkenazi (noto come il Chacham Tzvi – 1656-1718), il cui nonno Rav Eliyahu di Chelm, a quanto si dice, creò un “uomo”, spiega che solamente chi uccide una persona che è stata formata all’interno di un’altra persona è colpevole di assassinio. Pertanto, uccidere un essere creato da un’altra fonte non è omicidio (Responsa Chacham Tzvi 93).

Mettendo da parte la questione dell’omicidio, questo tipo di “uomo” potrebbe essere considerato ebreo e contato per il minyàn? Il Chacham Tzvi cita un insegnamento rabbinico secondo cui “le opere dei giusti sono i loro figli”. Per cui, un essere che è il risultato della creazione ad opera di un ebreo potrebbe essere considerato ebreo. Tuttavia, egli nota che siccome Rav Zeira non esitò a distruggere la creatura di Ravà, è chiaro che essa non era qualificata a essere contata per un minyàn: se questo “uomo” avesse avuto una qualsiasi funzione, anche se minima, distruggerlo sarebbe stato uno spreco (Responsa Chacham Tzvi 93).

Rav Tzvi Hirsh Shapiro di Munkacs (1850-1913) scrive nel suo testo Darkè Teshuvà che siccome il Chacham Tzvi e altri (vedi Darkè Teshuvà 7-11) dovettero citare un versetto per provare che uccidere un umanoide non è omicidio, apparentemente era dell’opinione che forse questo essere aveva un elemento di umanità, a prescindere dalla questione dell’omicidio. Perciò egli chiede se la shechità fatta da questa creatura sia da considerarsi valida o meno (Responsa Chacham Tzvi 93).

Il concetto che un golem potrebbe avere un elemento di umanità lasciò alcuni, tra cui i due figli del Chacham Tzvi, un po’ perplessi.

Non ha un’anima

Entrambi i suoi figli, Rav Avraham Meshulam Zalman nella sua opera Divrè Rabbenu Meshulam (Divrè Rabbenu Meshulam 10), e Rav Yaacov Emden nel She’elòt Yaavetz (She’elòt Yaavetz 2:82), citano i Kabbalisti Rav Moshe Cordovero e Rav Avraham Azulai, i quali spiegano che solo D-o ha il potere di portare un’anima umana dal cielo in terra. Nel migliore dei casi una persona che usa la forza del Sèfer Yetzirà può animare qualcosa allo stesso livello di un animale. È per questo motivo che se uno “uccide” una creatura simile (come nella storia di Ravà), loro dicono che non è considerato omicidio.

Dai golem ai robot

È bene notare che a differenza di un robot, il golem ha una sorta di scintilla spirituale che lo anima. Infatti, esso viene portato in vita da un individuo giusto, uno tzaddìk, usando i segreti della creazione nascosti nel Sèfer Yetzirà. Questo non è chiaramente il caso dei robot artificiali motorizzati da algoritmi.

Pertanto, i nostri robot, alimentati da computer, sono apparentemente meno “umani” di un golem. Cionoostante, c’è un aspetto in cui un robot potrebbe avere un vantaggio rispetto a un golem.

L’intelligenza artificiale e la facoltà della parola

Tutto ciò che esiste nel mondo può essere diviso in quattro cosiddetti reami: il minerale, il vegetale, l’animale e l’umano. Il termine che contraddistingue l’umano è medabèr,e significa “colui che parla”. Questo implica che la facoltà della parola è essenziale per esseri umani. Pertanto, a differenza del Chacham Tzvi, molti spiegano che il motivo per il quale non si può contare un golem in un minyàn è che gli manca la facoltà della parola. A prima vista, questo significherebbe che se la creatura potesse parlare (e oggigiorno ci sono robot che possono parlare), essa potrebbe essere considerata umana.

Tuttavia, come molti altri spiegano, la caratteristica chiave distintiva dell’umanità non può essere solo quella della parola, poiché ci sono persone che non possono parlare e pappagalli che invece possono. Perciò, essi spiegano che quando consideriamo l’umanità come medabèr, si intende l’intelligenza (vedi Rashì su Genesi 2:7).

In base a questo ci sono alcuni secondo i quali se in qualche modo si creasse un golem intelligente che parla (cosa che alcuni mistici dicono sia teoricamente possibile), forse esso potrebbe essere contato in un minyàn. Se ciò è così per un golem, forse a maggior ragione potrebbe esserlo per un robot animato dall’IA!

Però, molti spiegano che quando i rabbini dicono “intelligenza” non si riferiscono solo a una collezione di dati e fatti e neppure all’abilità di analizzare e risolvere problemi, bensì a ciò che si chiama “intelligenza morale” o in altri termini “libera scelta”.

La parola, l’intelletto e l’anima

I maestri chassidici chiedono perché l’umanità è definita come medabèr e non come maschìl, “colui che comprende” (vedi Onkelos su Genesi 2:7). Dopotutto, come detto sopra, ci sono persone che non hanno la capacità di parola mentre alcuni animali sì!

Rav Shalom Dovber di Lubavitch spiega che l’uso del termine medabèr è corretto; tuttavia esso non si riferisce solamente all’abilità della parola bensì al kòach hadibbùr, il potenziale o il potere di parlare. Infatti, la parola umana è diversa da altri simili modi di comunicare poiché non è solo una rivelazione esterna ma rivela anche ciò che è nascosto nella persona. Sicuramente si possono imitare parole e suoni, ma medabèr è la forza che forma le lettere e le parole dei propri pensieri che poi vengono dette con la propria bocca. I maestri chassidici spiegano che la facoltà della parola è radicata nell’essenza dell’anima, ed è quindi molto più elevata e profonda dell’intelletto stesso. Perciò due persone possono avere lo stesso pensiero esatto eppure lo esprimono in modi diversi e individuali. Quindi, quando gli umani vengono categorizzati come medabèr, “coloro che parlano”, essenzialmente stiamo dicendo che hanno anche anime uniche, concesse da D-o.

E questa è una cosa che l’intelligenza artificiale non può riprodurre.