La data ebraica di stasera e domani è il tre di Tammuz. Secondo le nostre fonti è questa la sera durante la quale il leader Yehoshu’a (Giosuè) miracolosamente fermò il sole durante i combattimenti per la conquista della terra d’Israele.
Per molte persone, il sole si tornò a fermare in questo stesso giorno, diciasette anni fà, quando l’anima del grande Rebbe, Rav Menachem Mendel Schneerson זצוקלל”ה נבג”מ זי”ע, tornò al proprio Creatore.
Uso la metafora del sole perché il Rebbe era una fonte di luce che illuminava continuamente. Illuminava con la luce della Torà, le sue esposizioni finora stampate in più di duecento volumi. Illuminava con la sua saggezza pratica, consigliando leader politici di tutti gli schieramenti, capi di stato, scienziati e medici. Più che altro penso che illuminava con la sua anima e la sua autenticità, un’illuminazione apprezzata da bambini piccoli e i più grandi scolari nella stessa maniera.
Come vuole la tradizione, durante questa giornata molte migliaia di persone si avvieranno verso il quartiere Queens di New York per visitare la sua tomba e per chiedere alla sua anima di intercedere per noi nel Cielo.
Altri vi manderanno i propri nomi e le proprie richieste per essere letti lì durante questo giorno propizio per la Berachà.
Propizio per la Berachà, la benedizone, perché secondo gli insegnamenti dei Maestri il giorno della scomparsa di un giusto, di uno Tzadìk, è un giorno nel quale anche, e sopratutto, nel Cielo vengono ricordate ed esaltate tutte le sue opere della durata della sua vita. Per un Tzadìk queste opere non sono per un fine personale ma solamente per il bene degli altri e per adempire la volontà Divina. Questo vuol dire che vi è un livello di purezza, di innocenza e di autenticità che è difficile trovare in persone comuni.
Vi invito a riflettere in questo giorno su una cosa nella vostra vita che possa essere migliorata — nei rapporti con gli altri oppure nei rapporti con D-o stesso — e ad trovare una maniera appunto per migliorarla, nel senso pratico della parola e non solo con la sola volontà.
Cito un piccolo commento del Rebbe in un suo discorso pubblico, che ho citato l’altra sera alla serata di beneficenza: La parola “vita” in ebraico è chaim che in realtà è plurale, come se si dicesse “vite” e non vita. Questo, ha detto il Rebbe, è perché la vita è tale solamente quanto è vissuta insieme e condivisa. Nella mancanza di questo, è come se mancasse la vita stessa.
Aggiungo a questo un’altro insegnamento che ho tratto non da un discorso specifico ma da tanti insegnamenti e dall’esempio stesso del Rebbe: Se vuoi ammonire qualcuno, fallo a te stesso. Tieni il sorriso per un’altra persona. Sii forte, ma con te stesso, e sii dolce con gli altri. Questo li avvicinerà ancora di più alle vie della Torà.
La sua opera, i suoi insegnamenti ed il suo esempio continuano ad illuminare.
Rav Shalom Hazan
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