Alcuni di voi conoscono bene la mia ammirazione per il Rabbi Menachem Mendel Schnnerson (settimo Rebbe di Lubavitch scomparso il 12 Giugno 1994) ma anche la mia ammirazione per i suoi insegnamenti ed il suo lavoro. Il fatto che sapeva sempre chi mandare dove, semplicemente per portare la parola della fede e la parole della legge ai giovani che altrimenti sarebbero andati perduti, è ai miei occhi probabilmente una di quelle cose che dà speranza ad un’intera generazione.

A tale proposito, come chassid, permettetemi di raccontarvi una storia chassidica. Riguarda un grande chassid che si chiamava Reb Naftoli di Ropshiz. Era un grande oratore, arricchito da un forte senso dell’umorismo.

Durante uno Shabbat Hagadòl, era di ritorno dalla Singoga. Di solito, in questo sabato, il rabbino della città doveva fare un discorso sulla carità, sul bisogno di aiutare i poveri che non hanno abbastanza soldi per celebrare il seder. Quando arrivò a casa la moglie gli chese, “allora, come è andata?” E lui rispose che era andato tutto bene. “Allora hai fatto tutto quello che dovevi?” chiese lei. “Sono a metà”, rispose lui, “ho convinto i poveri a ricevere”.

Il Rebbe è riuscito a convincere i ricchi a dare, gli insegnanti ad insegnare e gli studenti a studiare. Il Rebbe è riuscito a fare cose che normalmente gli esseri umani non avrebbero neanche sognato di intraprendere. Ora mi chiedo che cosa spinge insieme così tanta gente da così tante terre ad attività diverse? Forse la forza spirituale del Rebbe o forse l’intensità della sua contagiosa qualità della sua sensibilità ed impegno, l’impegno per ogni essere umano, per ogni ebreo.

Come si misura la grandezza? Ovvero, quale criterio si usa per valutare la grandezza di un essere umano? Nel caso del Rebbe di Lubavitch, la risposta è facile. Non conosco una persona che non abbia lasciato il Rebbe, anche dopo un attimo di yehidut (incontro a tu per tu), senza essere stato profondamente toccato, se non cambiato, dal loro incontro.

Spero che ricorderò per sempre cosa sentii quando fui introdotto nel suo studio, circa trent’anni fa, e cosa dicemmo l’uno all’altro. Nella sua presenza, il tempo inizia a scorrere in un ritmo diverso. Ti senti ispirato, ti senti introspettivo, ti fa pensare riguardo la ricerca del senso della vita che dovrebbe essere tuo. Alla sua presenza, nulla è superficiale né artificiale. Alla sua presenza diventi più vicino al tuo centro di gravità.

Tuttavia la grandiosità del Rebbe è che non solo coloro che l’hanno conosciuto sono stati toccati in qualche modo, ma anche coloro che non l’hanno mai incontrato. In qualche modo, la presenza di quest’uomo tra noi, emana una qualità mistica che tocca persone che non ne hanno mai sentito parlare, e questo, più di ogni altra cosa è ciò che fa del Rebbe una persona unica.

È grazie alla sua influenza, alla sua presenza che la consapevolezza dell’Ebraismo e l’educazione Ebraica sono giunti a livelli senza precedenti in quasi ogni continente. C’ è un posto al mondo dove gli emissari Chabad non hanno portato la sua parola di tolleranza radicata nell’Ahavat Yisrael, l’amore per Israele, che, per estensione, significa amore per l’umanità? Ovunque ebrei vivano e lavorino, in qualche modo vengono esposti al Rebbe.

Grazie a lui, un ebreo, ovunque e dappertutto non può fare a meno di sentirsi parte di un popolo antico con una tradizione che enfatizza la magnificenza del suo compito, piuttosto che le prerogative della sua condizione. Grazie al Rebbe, un ebreo diventa un ebreo migliore, quindi un essere umano migliore, quindi facendo si che il suo prossimo sia più umano, più ospitale ed aperto a un senso di generosità più grande. Ed è anche questa la grandiosità del Rebbe.

Alcuni di noi sono stati fortunati ed abbiamo udito le sue lezioni, ci siamo uniti a lui nello studio, nel canto. L’abbiamo visto con i suoi discepoli, abbiamo assistito a ciò che ha fatto. Perciò, sento, con un grande senso di devozione, affetto ed ammirazione che dovremmo alzare i nostri bicchieri per dire lechaim all’Admor (maestro e rabbino) di questa generazione, la quale vita e opera sono stati da benedizione per così tanti, in effetti, per tutto Israele e il mondo.

Al Rebbe a Brooklyn, cosa possiamo dire tranne che siamo i tuoi allievi, siamo i tuoi seguaci perché come te, e con te, crediamo nello studio, crediamo nella preghiera. Crediamo nella preghiera come collegamento tra un essere umano e un altro. Crediamo nello studio come una connessione tra una generazione ed un altra. E crediamo in una misura in più di solidarietà che deve sempre essere presente in ogni cosa che facciamo, per noi, per il nostro popolo e per l’un l’altro…


Elie Wiesel

(dal discorso pronunciato da Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace, Washington, in occasione del 90esimo compleanno del Rebbe)