È mancato un grande leader e il mondo ebraico si è ristretto.
La storia scriverà le gesta del settimo Rebbe di Lubavitch, Rabbi Menachem Mendel Schnnerson. Il mio tributo è semplice. Il Rebbe è stato l'uomo che ha cambiato il paesaggio della vita ebraica religiosa.
Noi ci siamo incontrati per la prima volta nel 1968. Io ero un laureando, in visita alla comunità ebraica americana alla ricerca di leaders intellettuali. Loro mi colpirono favorevolmente. Ma il mio incontro con il Rebbe fu unico. In tutti gli altri casi, io ponevo domande e ricevevo risposte. Invece il Rebbe di Lubavitch riuscì a girare l'intervista e ci ritrovammo lui a domandare ed io a rispondere: Come contribuivo alla vita ebraica nell'Università di Cambridge? Che cosa facevo per promuovere l’identità ebraica tra gli studenti ebrei?
La sfida era personale e inconfutabile. In quel momento ho capito che le finalità del Rebbe erano ben diverse da quelle che normalmente gli venivano attribuite. A quest'uomo non interessava avere seguaci, bensì formare leaders preparati.
Lui stesso era un leader eccelso. Scelto per succedere il suocero, Rabbi Yosef Yitzchak Schneerson, alla guida del movimento Lubavitch nel 1950, immediatamente iniziò la ricostruzione del movimento in un America laica e inospitale. In quel tempo la maggioranza pensava che l'Ortodossia non avrebbe avuto futuro negli Stati Uniti. Nessuno aveva ancora trovato una via per rendere l'Ebraismo tradizionale una presenza viva in un America denominata "il Paese taref".
Come altri grandi rabbini, il Rebbe ha iniziato con l'educazione, creando una rete di scuole e Yeshivòt. Dopo proseguì con un'idea innovativa che avrebbe cambiato inizialmente il movimento Lubavitch e poi l'intero mondo ebraico. Il Rebbe inviò i suoi shlichim (emissari) in luoghi e comunità che non avevano mai conosciuto il chassidismo. Egli iniziò nei campus universitari americani, dove gli studenti ebrei venivano introdotti al mondo ebraico tramite storie chassidiche, canti e studi.
Fu una mossa straordinaria. Nessuno avrebbe mai pensato che rifarsi al mondo chassidico del diciottesimo secolo avrebbe avuto successo ai nostri giorni. Ebrei assimilati furono affascinati dal calore e dalla profondità del chassidismo, e incontrando il Rebbe divenivano i suoi discepoli.
Nonostante la sua fede fosse radicata nella tradizione, per raggiungere questi ebrei assimilati egli decise di utilizzare i più moderni mezzi di comunicazione. Questi permisero l'espansione su scala internazionale del messaggio poiché i suoi emissari poterono operare in tutto il mondo compresa la Russia comunista.
Fattore unificante del movimento furono i suoi regolari discorsi, le numerose campagne di mitzvòt diffuse in tutto il mondo. Grazie a quest'idea il Rebbe ha potuto da solo, con poche risorse provocare il risveglio religioso. Se oggi è noto il fenomeno dei "Baalei Teshuvà" (coloro che ritornano alla religione) lo si deve al lavoro pionieristico dei Lubavitch.
In una nostra conversazione del 1978 il Rebbe mi espresse la sua preoccupazione per la scarsità di rabbini nel mondo e dalla mancanza delle yeshivòt nel dirigere i propri alunni nel svolgere il ruolo di rabbino. Egli mi incoraggiò perché formassi nuovi rabbini ed era particolarmente favorevole al lavoro del "Jews College" di Londra. Il Rebbe stesso inviava nel mondo i suoi shlichim in età molto giovane e nonostante questa decisione poteva esporre il movimento a vari rischi è riuscito invece ad infondere nuovo vigore ed energia nel mondo religioso.
Dietro a tutta questa attività c'è una ragione impellente, mai esplicitamente dichiarato ma chiaramente evidente. Il mondo ebraico uscito dall'Olocausto è tornato alla Terra d'Israele ma non alla fede d'Israele.
Nell'ebraismo il ritorno fisico e spirituale sono inseparabili.
Nel mondo d'oggi invece si sono divisi. E questa è la frattura che il Rebbe ha cercato di ricongiungere. Mentre altri sono dedicati a costruire lo Stato Ebraico, egli si è dedicato a ricostruire lo stato interiore degli Ebrei.
Naturalmente il Rebbe era proiettato verso l'idea messianica, concetto fondamentale della fede ebraica. Egli ha sviluppato l'idea del chassidismo tradizionale secondo cui il susseguirsi di piccole buone azioni possono riparare le imperfezioni spirituali del mondo avvicinando la redenzione.
Il Rebbe stesso era instancabile nel trovare connessioni tra gli eventi e la Parashà della settimana. Anche noi possiamo notare che il Rebbe è venuto a mancare all'inizio della settimana della Parashà di Chukàt. In questa Parashà D-o comunica con Moshe che non potrà condurre il suo popolo nella terra promessa. Come Israele era per Moshe, così l'era messianica è per i grandi capi dell'ebraismo: una destinazione verso cui si viaggia, che si vede da lontano ma non ancora raggiunta.
Voglio ricordare il Rebbe come una vasta mente, una presenza maestosa, come un uomo di fiamma spirituale e di calore personale, come uno dei pochi uomini della storia che ha influenzato il mondo ebraico intero, come un uomo che ha dedicato la sua vita a portare nell'umanità del dopo-Olocausto la presenza vivente di D-o, come l'uomo che ha volto l'ebraismo verso l'esterno.
Tributo dal Rabbino Capo d'Inghilterra, Rav Jonathan Sacks. Tradotto da S.A. e S.H.
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