La parashà di questa settimana ci dà un resoconto delle offerte che ogni capotribù portò al Tabernacolo nel deserto, in onore della sua inaugurazione.

Prima di descrivere nei dettagli l’offerta di ogni capotribù la Torà ci racconta di un’offerta collettiva fatta da tutti e dodici i capi: il dono di sei carrozze per trasportare il Tabernacolo smontato durante i viaggi del popolo d’Israele.

La cosa strana è questa: il popolo fu così generoso nelle sue offerte prima della costruzione del Mishkàn tanto da donare più materiale del necessario (Shemòt 36, 7). Com’è possibile allora che proprio i capi delle tribù hanno dato solamente la metà di una carrozza a testa?

Inoltre, il midràsh (Bamidbàr Rabbà 12, 16) racconta che gli stessi capitribù si astennero dall’offrire materiale per la costruzione del Mishkàn, aspettando le donazioni del popolo per fornire tutto quello che sarebbe mancato.

Di fatto, però, il popolo ha donato materiale a sufficienza per il Mishkan, non mancava nulla. È proprio per questo che qui all’inaugurazione, i capitribù hanno deciso di non aspettare e fare subito le loro offerte. È strano quindi che tale offerta includa solo sei carri da parte di dodici leader.

Nel Talmùd (Shabbàt 99b) si calcola il peso e la quantità degli oggetti che ogni carrozza doveva trasportare. Tra gli oggetti trasportati c’erano le travi (usate come muro del Mishkàn), le quali si appoggiavano sulla carrozza l’una sopra l’altra. Quando il popolo viaggiava, un addetto della tribù di Levi camminava tra le carrozze e stava attento a rimettere a posto le travi che scivolavano e si spostavano rischiando di cadere.

Non sembra il modo ideale di trasportare il posto dove D-o si rivelava…
Non potevano donare almeno un carro a testa e semplificare le cose?

La risposta è semplice: Il Mishkàn come dimora temporanea di D-o era un posto nel quale non c’era nulla di eccessivo. Il minimo dettaglio nel Mishkàn aveva uno scopo ed un compito preciso. La parola e il concetto “in più” non esisteva.

Lo stesso vale per le offerte delle carrozze, considerate anche esse come un’offerta alla stregua di un sacrificio (Bamidbàr Rabbà 12, 18) che quindi corrispondevano esattamente alle esigenze, sei e non dodici perché non servivano dodici. Ogni centimetro di spazio era da utilizzare al massimo.

Come in tutta la Torà anche qui c’è una lezione per noi. D-o non crea niente senza scopo o senza motivo, spesso sta a noi assicurare che lo scopo si realizzi, usando nel modo giusto tutto quello che D-o ci ha dato: tutte le nostre capacità, il nostro potenziale, il nostro tempo ecc. Se è rimasto un momento libero nel giorno è un’altra opportunità per riempirlo di bontà.

di rav Shalom Hazan
Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch זי”ע