Alla fine della parashà Nassò viene riportata dettagliatamente la partecipazione dei Prìncipi d’Israele - i capi delle dodici tribù - alla celebrazioni per l’inaugurazione del Mishkàn -Tabernacolo. Offrirono tutti gli stessi doni: un vassoio e un recipiente in argento, un cucchiaio d’oro, degli incensi e altro.
Dopo aver descritto il protocollo cerimoniale della celebrazione, inclusi i giorni assegnati per ordine cronologico ad ogni famiglia con i relativi doni, la Torà riassume e censisce il totale dei loro presenti: “Queste sono le offerte dei Prìncipi d’Israele per l’inaugurazione del Mishkàn: dodici vassoi d’argento, dodici recipienti d’argento, dodici cucchiai d’oro ecc... (numeri 7-84).”
Perchè queste ripetizioni? Il Midràsh spiega: “Rielencando i doni e concentrandoli in un insieme, la Torà considera che i dodici capi tribù avessero portato il loro contributo contemporaneamente “lo stesso giorno, il primo giorno”, come in effetti è scritto. Era, insomma, un atto collettivo. La parola “Korbàn-offerta”, etimologicamente proviene dalla parola “Kiruv-avvicinamento”, in quanto lo scopo del Korbàn, come di ogni altra impresa spirituale, è quello di legare l’essere umano al suo Creatore.
Si deduce quindi che esistono dodici modi per avvicinarsi a D-o. L’inaugurazione del Tabernacolo doveva durare dodici giorni. Ogni giorno era dedicato ad una tribù il cui capo, attraverso il suo dono, esprimeva il modo in cui la sua famiglia si avvicinava a D-o. Gli oggetti regalati erano identici solo in apparenza, poiché i sentimenti profondi che animavano i Prìncipi nel momento in cui portavano l'offerta, avevano aspetti diversi.
Ad ogni modo, se la Torà afferma “che tutti avevano offerto i loro doni lo stesso giorno, il primo giorno” è per enfatizzare il carattere solidale del popolo d’Israele. Si scoprono quindi due dimensioni nelle offerte: la prima riguarda la particolarità di ogni persona, la seconda attesta l’uguaglianza concretizzata da un complesso di doni composto dagli stessi elementi. Sono due dimensioni esistenti anche nel popolo ebraico. Ogni individuo è unico e dotato di attitudini particolari, ma tutti gli ebrei sono uguali. Ci sono qualità che condividiamo in quanto “Abbiamo un solo Padre”.
L’unità del nostro popolo, tuttavia non si deve materializzare solo tramite i nostri punti in comune. Deve diventare realtà con forma armoniosa che si crea basandosi proprio sulle nostre differenze. La complementarietà è necessaria. Questo è quanto simboleggiato dalla descrizione del cerimoniale dell’inaugurazione.
Ogni capo tribù era in grado di rappresentare il suo gruppo per un’intera giornata consacrata solo alla sua famiglia e, nonostante ciò, ogni gesto era pervaso da un sentimento comune. Si trattava infatti di un’offerta collettiva ed unificatrice.
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