Destini il Signore, D-o degli spiriti di ogni vivente, un uomo della congrega, il quale esca davanti a loro e entri davanti a loro, li faccia uscire e entrare, affinché la congregazione del Signore non sia come un gregge che non ha pastore (Numeri 27, 16-17).

Destini il Signore, come mai viene chiesta la nomina del successore dopo la questione dell’eredità? Ma siccome le figlie di Zelofhad ricevono l’eredità del loro padre, disse Mosè a se stesso: «È giunto il momento che io esponga le mie esigenze; se le figlie ereditano, è giusto che i miei figli ereditino il mio onore!».

Gli disse D-o: «Chi custodisce il fico ne mangia il frutto (Proverbi 27, 18): i tuoi figli non si sono occupati della Torà; Giosuè, invece, ti ha servito molto e ti ha dato grande onore».

Dalla mattina presto fino a tarda sera era presente nei luoghi di incontro con il pubblico, metteva in ordine i banchi, stendeva le stuoie; dal momento che ti ha servito con tutta la sua forza, è giusto che sia lui a servire Israele, così non perderà la sua ricompensa: «Prendi Giosuè, figlio di Nun, per realizzare ciò che è detto: Chi custodisce il fico ne mangia il frutto (Proverbi 27, 18) (Bemidbar Rabà 21, 15).

Mosè, dopo che D-o gli comunica che è giunta l’ora fatale, si preoccupa del successore, affinché il popolo non sia come un gregge che non ha pastore.

Il midrash che giudica senza reticenza ogni persona, vuol far notare, anche se dal testo non risulta, una debolezza di Mosè.

Il profeta probabilmente sa che il posto vacante sarà dato alla persona che più lo merita, tuttavia, dal momento che viene emessa una nuova norma, che in pratica è contraria alla legge stessa della Torà che fino ad allora permetteva il passaggio dell’eredità solo ai discendenti di linea maschile, Mosè ne approfitta per chiedere una legge eccezionale, secondo la quale anche i figli ricevono l’eredità dal padre non per merito proprio, ma per i meriti paterni.

Come l’eredità dei beni materiali passa da padre in figlio anche se quest’ultimo non lo merita, Mosè vorrebbe fare altrettanto per i beni spirituali.

D-o, però, dà un insegnamento perenne, confermando quello che è giusto secondo il metro di valutazione della Torà: solo chi si è prodigato per un valore ha diritto a riceverlo in eredità, trasmetterlo e consegnarlo ai posteri.

Poiché Giosuè si è procurato molti meriti, è giusto che sia lui la guida spirituale del popolo,

È scritto infatti: Disponiti a studiare la Torà, perché essa non passa in eredità (Massime dei Padri 2, 13).

Tratto dal sito Cyberdrasha.it