Il numero dei tori immolati nei 7 giorni di Sukkot sommava a 70, numero che secondo i Maestri corrisponde alle 70 nazioni esistenti nel mondo: in tal modo tutte venivano rappresentate nelle cerimonie propiziatorie che Israele, sacerdote tra le genti, presentava al D-o Unico e Universale.
Al sacrificio degli animali si doveva aggiungere un’offerta farinacea (minchat) con la relativa misura di olio (un quarto di hin) e il vino per la libagione; la quantità di farina variava da un decimo a due decimi e a tre decimi di efà a seconda che si trattasse di agnelli, montoni o tori; allo stesso modo cambiava la misura di vino per la libagione, da un quarto, a un terzo o a un mezzo hin, per la medesima ragione.
L’ottavo giorno di Sukkot porta il nome di ‘atzéret (Levitico 23, 36; Numeri, 24, 35) come è chiamato anche il settimo giorno di Pessach (Deuteronomio 14, 6) e come sarà chiamata, più tardi, Shavu’ot nella terminologia dei Maestri, o riunione sacra (II Re 10, 20) o, ancora, festività di chiusura. La radice azar, da cui il termine deriva, significa fermare, impedire, chiudere; quindi i Maestri attribuiscono a tale giorno certo un senso di chiusura, ma intesa come impedimento ad andarsene a sciogliere la riunione festiva: siate uniti per pregare davanti a D-o.
Il midrash riporta che D-o disse: «Io vi trattengo (atzàrti) presso di me come un re che, avendo invitato i suoi figli a un banchetto, giunto il momento di separarsi dice: “Figli miei, vi prego di trattenervi da me ancora un giorno, perché il vostro distacco mi è molto penoso”». Rashi ricava questo senso di trattenere, ritenere a un'amichevole riunione da un passo del libro dei Giudici, mentre dà il significato di astensione dal lavoro al vocabolo in Numeri 29, 54.
Secondo Sa’adià Gaon, lo Zohar e i seguaci della dottrina cabalistica il giorno di Sheminì ‘Atzéret è analogo a Rosh Hashanà e a Kippur per il carattere penitenziale ed espiatorio e chiude il periodo del pentimento.
I Maestri hanno fatto notare che i sacrifici stabiliti per queste tre solennità sono gli stessi, quindi si hanno due classi di festività: da un lato i così detti Shalosh Regalim, Pessach, Shavu’ot e Sukkot le tre feste di pellegrinaggio, che hanno carattere commemorativo, dall’altro Rosh Hashanà, Kippur e Sheminì ‘Atzeret.
Il culto dei sacrifici è durato in Israele quanto sono durati i due Santuari. È stato poi sostituito dalle preghiere, ma sussiste l’obbligo quotidiano di studiarlo per essere pronti a ripristinarlo con la venuta del Messia, presto nei nostri giorni, e la ricostruzione del Santuario a Gerusalemme.
Tratto dal sito Cyberdrasha.it
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