Ya’acòv si stabilì… (Bereshit 37, 1). Dopo averci riferito brevemente riguardo agli insediamenti di ‘Esav e dei suoi discendenti – poiché il loro valore e la loro importanza non era tale da richiedere una descrizione dettagliata di come essi si insediarono e di come, con guerre successive, cacciarono gli Hurriti – la Scrittura ci descrive ora in modo dettagliato e particolareggiato gli insediamenti di Ya’acòv e dei suoi discendenti con tutti li causarono. Infatti la loro importanza di fronte a D-o era tale che si doveva parlare di loro a lungo. Allo stesso modo riscontriamo che, a proposito delle dieci generazioni che vanno da Adam Harishon a Noach, la Scrittura dice semplicemente: «Il tale generò il tale». Quando, però, si giunge a Noach la Scrittura si attarda su di lui. Così a proposito delle generazioni che vanno da Noach ad Avraham la Scrittura è concisa, quando, però si arriva ad Avraham essa parla a lungo di lui. Si può paragonare a una perla caduta nella sabbia. Un uomo fruga nella sabbia, passandola al setaccio finché non la trova. Quando l’ha trovata getta via i sassi e tiene la perla (Tanchuma Vayeshev, 1). Altra interpretazione di Ya’akov si stabilì. Una volta i cammelli di un mercante di lino entrarono in una città carichi di merce. Il fabbro chiese con stupore: «Dove si può raccogliere tutto questo lino?». Allora un uomo sagace gli rispose: «Una sola scintilla uscita dalla tua fucina è sufficiente a bruciare tutto». Allo stesso modo anche Ya’acòv, vedendo tutti i capi di ‘Esav enumerati precedentemente si domandò con stupore: «Chi potrà mai sconfiggere tutti costoro?». Ma cosa sta scritto poi? Questa è la genealogia di Ya’acòv: Yosef. E in un altro passo è scritto: La casa di Ya’acòv sarà un fuoco e la casa di Yosef una fiamma e la casa di ‘Esav sarà come paglia. Una scintilla uscita da Yosef distruggerà e brucerà tutti i capi di ‘Esav.
Questa è la genealogia di Ya’acòv… (Bereshit 37, 2). Questo è quello che riguarda i discendenti di Ya’acòv, i loro insediamenti e le loro migrazioni, fino a che arrivarono a un insediamento definitivo. La prima causa fu: Yosef all’età di diciassette anni… Fu a causa di questo che essi furono portati a scendere in Egitto. Questa è la definizione letterale del testo così che ogni parola è spiegata nel suo modo corretto. Il midrash aggadico (Bereshit Raba 84, 5) spiega invece che con queste parole la Scrittura ha voluto subordinare a Yosef i discendenti di Ya’acòv per molte ragioni. In primo luogo, l’unico proposito di Ya’acòv quando serviva presso Lavan era di sposare Rachel, la madre di Yosef. Inoltre Yosef aveva i lineamenti del viso straordinariamente simili a quelli di Ya’acòv. Infine tutto quello che capitò a quest’ultimo capitò anche a Yosef. L’uno fu odiato e l’altro fu pure odiato. Il fratello di Ya’acòv cercava di ucciderlo, i fratelli di Yosef cercavano di ucciderlo. Molte altre somiglianze sono sottolineate in Bereshit Raba. Vi è ancora un’altra interpretazione del testo: Ya’acòv si stabilì. Ya’acòv voleva vivere in pace, ma fu colto improvvisamente dall’ansia a motivo di Yosef. Quando i giusti vogliono vivere in pace, il Santo Benedetto Egli sia dice: «I giusti non si accontentano di quello che è riservato loro nel mondo a venire: essi vorrebbero vivere in pace anche in questo mondo».
Le brutte dicerie sul loro conto… (Bereshit 37, 2). Quanto di male Yosef vedeva nei suoi fratelli, i figli di Lea, lo riferiva a suo padre. Riferiva, cioè che mangiavano carne presa da un animale ancora vivo, umiliavano i figli delle schiave chiamandoli schiavi ed erano sospettati di commettere azioni immorali. Ed è su questi tre punti che Yosef fu punito. Per aver detto che i suoi fratelli mangiavano carne presa da un animale ancora vivo essi, quando lo vendettero, scannarono un capro senza mangiarne la carne quando era ancora vivo. Per aver raccontato sul conto dei suoi fratelli una diceria secondo la quale chiamavano schiavi i loro fratelli, Yosef fu venduto schiavo. E per aver infine raccontato che essi vivevano in modo immorale: la moglie di Potifar gettò gli occhi su Yosef e gli disse: «Giaci con me».
Poi fece un altro sogno ancora e lo raccontò ai suoi fratelli e disse: «Ecco ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano dinanzi a me». Lo raccontò poi al padre e ai fratelli e il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che tu hai fatto? Dovremmo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli e prostrarci fino a terra davanti a te?» (Bereshit 37, 9-10).
Lo raccontò poi al padre e ai fratelli… (Bereshit 37, 10). Dopo averlo narrato ai fratelli, lo raccontò di nuovo al padre alla loro presenza.
Il padre lo rimproverò… (Bereshit 37, 10). Per il fatto che, in tal modo, Yosef si attirava l’odio dei fratelli.
Dovremmo forse venire io, tua madre… (Bereshit 37, 10). Disse Ya’acòv a Yosef: «Tua madre non è forse già morta?». Ma egli non sapeva che queste parole si riferivano a Bilha, la quale aveva allevato Yosef come una madre (Bereshit Raba 84, 11). I nostri rabbini hanno dedotto da qui che in ogni sogno vi è sempre una parte di controsenso (Talmud Berachot 55a). Ya’acòv cercava di far dimenticare la cosa ai suoi figli affinché essi non cominciassero a invidiare Yosef. È per questo che gli disse: Dovremmo forse venire io, tua madre… Egli intendeva sottintendere con le sue parole: «Come è impossibile che venga tua madre, così anche il resto del sogno è privo di valore».
Una bestia feroce lo ha divorato… (Bereshit 37, 33). Lo spirito della profezia ha illuminato Ya’acòv ed egli intende dire che la moglie di Potifar avrebbe un giorno assalito Yosef (Bereshit Raba 84, 19). Perché il Santo Benedetto Egli sia non rivelò a Ya’acòv che Yosef era ancora vivo? Perché i figli di Ya’acòv avevano invocato l’interdizione e la maledizione su chiunque glielo avesse rivelato e avevano associato il Santo Benedetto Egli sia al loro accordo (Tanchuma Vayeshev, 2; cf anche Pirqé de Rabbi Eli’ezer). Yitzchaq, tuttavia, sapeva benissimo che Yosef era ancora vivo. Egli però pensò: «Come potrei rivelarlo a Ya’acòv quando il Santo Benedetto non vuole rivelarglielo?» (Bereshit Raba 84, 21).
Per molti giorni… (Bereshit 37, 34). Per i ventidue anni che trascorsero dal momento in cui questi scese in Egitto. Sta scritto infatti: Yosef, all’età di diciassette anni fu venduto. Egli aveva poi trent’anni quando comparve alla presenza del faraone. Trascorsero quindi sette anni di abbondanza e due di carestia prima che Ya’acòv venisse in Egitto. In tutto ventidue anni. Essi corrispondono ai ventidue anni durante i quali Ya’acòv non aveva adempiuto al dovere di onorare il padre e la madre. Egli aveva infatti trascorso vent’anni nella casa di Lavan e due anni nel viaggio di ritorno: un anno e mezzo a Sukkot e sei mesi a Bet’el. È questo che intendeva Ya’acòv quando disse a Lavan: «Ecco vent’anni sono stato a casa tua per me», cioè ricadranno su di me e io, in seguito, sarò punito per un periodo corrispondente di anni.
Egli rifiutò di essere consolato… (Bereshit 37, 35). Un uomo non accetta alcuna consolazione per un vivo, che egli crede morto. Infatti il decreto divino secondo il quale [il dolore per] il congiunto morto deve essere attenuato, si riferisce a chi è davvero morto, non a chi è ancora in vita.
Il padre suo lo pianse… (Bereshit 37, 35). Si riferisce a Yitzchaq; egli piangeva per la sofferenza di Ya’acòv, ma non era in lutto, perché sapeva che Yosef era ancora vivo (Bereshit Raba 84, 21; Targum Yonatan, Bereshit 37, 35).
Ora avvenne che in quel tempo… (Bereshit 36, 1). Per quale motivo è posta qui questa sezione che interrompe la storia di Yosef? Per insegnarci che i fratelli di Yehuda fecero discendere questi dalla sua alta posizione. Quando essi videro il dolore del loro padre dissero: «Sei tu che hai detto di vendere Yosef. Se ci avessi detto di ricondurlo a suo padre, noi ti avremmo obbedito» (Tanchuma Vayeshev, 12).
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