Dopo aver venduto Yosef, i suoi fratelli presero la sua veste colorata, la immersero nel sangue di un animale e la portarono a Ya’acòv. A lui dissero di averla trovata in campagna, quella camicia strappata e macchiata di sangue.

Ya’acòv gridò che riconosceva la veste del suo amato figlio e pianse.

«Una belva lo ha divorato. Ahimé, Yosef è stato sbranato da una bestia feroce!».

Ya’acòv, poi, si gettò a terra muto come una pietra.

Quindi si alzò e disse ai figli: «Prendete le vostre spade e i vostri archi, andate nei campi e cercate. Forse troverete il corpo di mio figlio Yosef. Portatemelo affinché lo seppellisca. Prendete anche la prima belva che incontrerete e portatemela. Chissà, forse D-o oggi vedrà la mia sventura e vi manderà la belva che ha divorato mio figlio. Il suo ventre equivale per me alla tomba di mio figlio».

I figli di Ya’acòv si affrettarono a eseguire il comando del padre. Andarono nei campi a caccia di belve. Arrivati nel deserto si videro davanti un lupo. Lo catturarono e lo portarono al padre Ya’acòv.

Dissero: «Lo abbiamo trovato per primo e te lo abbiamo portato come ci avevi ordinato».

Ya’acòv si avvicinò quindi al lupo e gli disse con amarezza: «Perché hai divorato mio figlio Yosef che non ti aveva fatto niente di male e non era venuto contro di te con la spada e con l’arco?».

Allora D-o diede la favella al lupo, affinché con le sue parole consolasse Yosef. La bestia disse: «Come è vero che vive D-o che mi ha creato – e anche tu possa vivere a lungo mio signore – io tuo figlio non l’ho veduto né sbranato. Ma io sono venuto da lontano per cercare il figlio mio. Sì, anch’io cerco la mia creatura. Già da alcuni giorni mio figlio si è perduto e io non so dove sia, né se sia vivo o morto. Oggi sono andato nei campi per cercarlo e sono arrivato al deserto. Là mi ha trovato questa gente e mi ha catturato per portarmi dinanzi a te. Così hanno aggiunto al mio tormento ancora più tormento. E ora, o uomo, sono nelle tue mani. Tu puoi comportarti con me come ti piace. Ma ancora una volta ti dico, in nome del D-o mio creatore, che non ho veduto tuo figlio né l’ho sbranato. In tutta la mia vita nella mia bocca non è entrata carne umana».

Ya’acòv si stupì e si meravigliò molto nell’udire quelle parole. Ebbe pietà di se stesso e comprensione per la bestia che cercava, come lui, il figlio perduto. Donò al lupo la libertà e gli augurò successo nella prosecuzione della ricerca.

(Sefer Hajashar, Vayeshev)