Nel libro di Bereshìt, fra le numerose nascite riportatevi, si annoverano quelle dei gemelli di Rivkà e dei gemelli di Tamàr. Rivkà e Yitzchàk, due Giusti, uniti in matrimonio secondo le regole d’uso, ebbero due figli dalle indoli contrapposte: l’erudito e onesto Giacobbe e il grossolano e falso Esaù. I figli di Tamàr e Yehudà, Peretz e Zerach, sebbene concepiti in circostanze ben meno probe, erano invece entrambi Giusti. Infatti, tutti i re d’Israele, da Davìd fino a Mashiàch, sono loro discendenti. La Torà descrive le due gravidanze in termini diversi. Per Rivkà «I suoi giorni per dare nascita furono riempiti; ed ecco, c’erano due gemelli nel suo grembo»; per Tamàr: «Al momento in cui diede nascita, c’erano due gemelli nel suo grembo». Dunque, puntualizzano i saggi, la gestazione di Rivkà di nove mesi era «riempita» dando vita, tuttavia, a prole «non riempita», non moralmente compiuta. Mentre Tamàr, nonostante la gravidanza «non riempita», di soli sei mesi, diede alla luce due Tzaddikim. Per giunta, nell’ortografia della parola teomìm - gemelli riguardo ai figli di Tamàr, tutte le consonanti e vocali sono presenti allorché per i figli di Rivkà mancano due lettere (in ebraico a certi vocaboli possono mancare alcune lettere - non essenziali, ma significative comunque - senza che ne vengano alterati il senso e la fonetica). La Torà racconta che quando la seconda matriarca sentì inconsueta agitazione nel ventre, ella interpellò il Sig-re che le rispose: «Due nazioni si dimenano nel tuo grembo, due popoli che si divideranno da te». Si potrebbe dedurne, perciò, che la sua gestazione non era davvero tanto perfetta. I saggi affermano il contrario: Essàv nacque buono quanto il fratello. In seguito, una volta cresciuto, scelse la via sbagliata. Il Talmùd sostiene che «Il mondo fu creato perfetto». In realtà, D-o creò nel mondo anche il male. Il male fa parte integrante della compiutezza: quando D-o contemplò la Sua opera e disse «Ed ecco che era molto bene», nel «molto bene» c’e sia l’inclinazione al bene che al male, sia l’angelo della vita che l’angelo della morte, insomma, tutte le componenti del Creato.

Fatalità o Libero Arbitrio?

A questo punto emerge, inevitabilmente, un interrogativo che sfocia in questa tesi: se esiste il principio fondamentale del libero arbitrio, per quale ragione la Torà enuncia coloro che nascono Tzaddikim e coloro nati già empi? Trattasi di una fatalità o di una scelta personale? Nel Libro del Tanya, rabbi Shneor Zalman di Liady spiega che i peccatori sono nati buoni, nel corso della loro esistenza, però, vengono costantemente esposti al male che non riescono o non vogliono combattere. Yaacov e

Essàv, pertanto, costituivano gli elementi di una gravidanza «riempita», dacché portava i due potenziali fondamentali inseriti dal Sig-re nella Creazione: le delizie del bene assoluto e il senso di soddisfazione che solo la lotta e la vittoria contro le avversità possono procurare. La maternità di Tamar descrive il processo inverso: un atto di dubbia moralità è in grado di far emergere il bene; esso descrive la possibilità di sfruttare una lacuna allo scopo di raggiungere la gemellarità perfetta del bene assoluto e del male sconfitto. La perfezione ottenuta dopo dolorosi conflitti, vinti con la forza della perseveranza, ha un livello più elevato del bene innato. La soluzione al paradosso in questione si presenterà con la venuta di Mashiach quando «I liberatori (i discendenti di Tamar) saliranno sulla montagna di Tziòn per giudicare la montagna di Essàv (figlio di Rivkà) » Obadia, capitolo XXI, unendo le vulnerabilità nate dalla perfezione della creazione di Hashèm alla perfezione nata dalle vulnerabilità della condizione umana.

(Likkutè Sichòt)