Potifar, il tesoriere del faraone, aveva comprato Yossef come schiavo. Una volta gli disse: «Portami un calice d’acqua bollente».

Yossef subito gli portò il calice d’acqua bollente.

Potifar prese il calice e disse: «Mi sono sbagliato. Non volevo acqua bollente, ma tiepida».

Allora Yossef disse: «Nel calice c’è dell’acqua tiepida, come tu desideri».

Potifar mise le dite nel calice e constatò che Yossef aveva detto la verità. Si meravigliò molto e disse: «Non ti avevo ordinato di portarmi dell’acqua calda, bensì del vino speziato!».

Allora Yossef disse ancora: «Bevi dal calice, signore mio, e ti convincerai che c’è vino speziato».

Potifar fece come Yossef aveva detto, bevve e constatò che nel calice vi era vino speziato. Infinito stupore e meraviglia furono nel suo animo e disse: «Come avrei bevuto volentieri, dopo il vino speziato, del vino cotto!».

E Yossef rispose: «Bevi allora, mio signore, dal calice che hai in mano: gusterai del vino cotto».

Potifar bevve e ancora una volta constatò la veridicità delle parole di Yossef. Allora egli vide che D-o era con Yossef e che ogni sua azione andava a buon fine. Per questo lo nominò capo della sua casa.

Ma non solo il tesoriere del re era compiaciuto di Yossef, bensì anche la moglie. Costei si era innamorata del giovane ebreo. La sua bellezza, la sua freschezza giovanile e il suo fascino l’avevano entusiasmata.

Una volta ella organizzò un grande banchetto e invitò tutte le sue amiche. Ella ordinò a Yossef di preparare la tavola e tutto il resto. Yossef fece quello che la sua padrona aveva ordinato e pose sulla tavola arance e coltelli per sbucciarle. In quel momento la donna chiamò Yossef perché venisse da lei a servirla. Quando le altre donne lo videro restarono profondamente stupite e ammirate perché non avevano mai visto una bellezza pari a quella del giovane ebreo. Non riuscirono a distogliere i loro occhi dallo splendido viso di Yossef e si ferirono le dita delle mani con i coltelli. Neppure si accorsero di essersi ferite e il sangue, dalle ferite, si sparse sulle loro vesti. Neppure di questo si accorsero. La moglie di Potifar aveva notato ogni cosa e disse: «Care amiche, vedete come vi ha affascinato. Le vostre mani sono ferite e le vostre vesti macchiate».

Allora le donne dissero: «È la bellezza di questo schiavo e il suo piacevole aspetto ad aver provocato questo. Chi può guardare un viso così bello e trattenersi dal fissarlo in continuazione?».

La moglie di Potifar rispose loro: «Ora comprenderete anche me. Voi lo avete veduto dolo per pochi minuti. Cosa devo fare io che lo vedo tutto il giorno? Ora potete forse comprendere la mia pena!».

In quell’epoca la moglie di Potifar cominciò a insidiare Yossef e a cercare di convincerlo a giacere con lei, ma egli rifiutava.

Ogni giorno gli parlava e gli offriva migliaia di monete d’oro, ma egli non prestava ascolto alla sua voce.

Quando un giorno il Nilo straripò, il re dell’Egitto e tutti i suoi sacerdoti e cortigiani si recarono presso il fiume per ascoltare cantori e cantatrici e divertirsi tra la folla festante e giubilante. Allora Potifar disse alla moglie: «Alzati e vieni con me al fiume e gioisci anche tu dell’abbondanza d’acqua che i nostri dei ci hanno concesso».

Ma ella disse: «Mi sento poco bene, perciò non posso andare a spasso e preferisco restare a casa!».

Allora Potifar andò da solo e la moglie accusò un malore e si ritirò nelle sue stanze.

Quando vide che in casa non c’era nessuno ordinò a Yossef di distendersi accanto a lei, ma lui disse: «Lasciami andare, mia signora. Come potrei commettere un’azione tanto cattiva come quella che tu mi chiedi e peccare davanti a D-o?».

Ella disse: «Non temere la presenza di D-o perché io combinerò le cose in modo che egli di sicuro non vedrà la tua colpa».

Detto questo, trascinò Yossef in una delle sue camere più appartate e lo pose dinanzi ai suoi idoli. Disse: «Ecco il dio che tu temi. Certo egli si indigna quando vede gli uomini peccare, ma io stavolta coprirò i suoi occhi con una coperta ed egli non vedrà né si accorgerà di nulla».

Detto questo prese una pesante coperta, la gettò sopra l’idolo e lo coprì tutto, da capo a piedi.

Allora Yossef le disse: «Hai potuto coprire gli occhi di questo idolo perché non è un D-o. Ma puoi comportarti così anche con il mio D-o i cui occhi sorvolano l’universo intero e che nessuna oscurità riesce ad offuscare?».

Quando vide che il giovane si rifiutava, la donna lo minacciò con una lancia, ma poiché neppure questo servì lo denunciò a Potifar sicché questi lo gettò in carcere.

Ogni giorno la donna andava a fargli visita nel carcere e gli prometteva di liberarlo se si fosse concesso a lei, ma Yossef rispondeva: «Preferisco morire in questa fossa che peccare dinanzi a D-o».

Quando ella vide che nessun genere di minaccia e di intimidazione faceva effetto su Yossef, abbandonò finalmente il suo proposito.

(Midrash Raba, Bereshìt; Midrash Tanchumà, Vayeshev; Talmud Yomà 39; Talmud Sotà 36).