Tra i figli di Ya’acòv, Yosef era il più caro agli occhi del padre. Questa predilezione suscitò il rancore dei fratelli, irritati a causa dell’aria di superiorità e la vanagloria che il giovane prediletto sembrava mostrare nei loro riguardi con il racconto dei suoi sogni di grandezza. L’inimicizia dei fratelli arrivò al punto che essi un giorno decisero di toglierlo di mezzo e avrebbero dato corso alla loro risoluzione se non fosse stato per Reuven che – con il proposito di sottrarlo alla loro vendetta e farlo tornare a casa sano e salvo – li convinse a risparmiargli la vita. L’occasione si presentò quando Ya’acòv mandò Yosef presso di loro, che pascolavano le greggi, per avere notizie. Yosef fu calato in un pozzo, la sua tunica fu imbrattata con il sangue di un capretto e mostrata al padre. Egli la riconobbe e subito si lacerò le vesti e fu in lutto a lungo per il figlio.

In quel frattempo si trovò a passare da là una carovana di mercanti midianiti; giunti in quella località essi trassero Yosef dalla cisterna e lo vendettero a una carovana di ismaeliti diretta in Egitto. A loro volta questi vendettero il giovane a Potifar, ministro del faraone, capo giustiziere.

Mentre si svolgeva il complotto dei fratelli contro Yosef – o poco dopo – Yehuda si unì a una donna cananea di un paese vicino da cui ebbe tre figli al primo dei quali diede in moglie una fanciulla di nome Tamar. Essendo questo figliolo morto, Tamar fu rimaritata al secondogenito per obbedire al costume del levirato fin da allora vigente. Anche il secondogenito, però, morì e Tamar venne rimandata alla casa paterna in attesa che il terzo figlio di Yehuda fosse cresciuto ed ella potesse ottenerlo come marito. L’attesa si protrasse a lungo, oltre i termini logicamente prevedibili e Tamar, stanca di attendere, riuscì con uno stratagemma ad attrarre Yehuda stesso verso di lei senza farsi riconoscere. Da questa unione nacquero due gemelli: Perez e Zerach.

Potifar, dopo aver apprezzato l’attività e la serietà di Yosef, gli affidò l’amministrazione e la direzione della casa e dei suoi beni.

Le cose procedettero nel migliore dei modi, finché un giorno la moglie di Potifar, sdegnata contro Yosef che per senso di onestà aveva rifiutato di accondiscendere alla sue voglie, lo accusò di fronte al marito di aver tentato di sedurla. Potifar lo fece, quindi, mettere in prigione. Il Signore era con Yosef che, anche in carcere, riuscì a farsi ben volere al capo delle guardie.

Nello stesso carcere si trovavano due addetti alla mensa del faraone ai quali Yosef una mattina riuscì a spiegare un loro strano sogno; le parole di Yosef risultarono pienamente giuste e veritiere.