All’inizio della parashà di Vayeshèv la Torà cita le parole di Yossèf ai fratelli, nel resoconto dei suoi sogni: (Bereshìt 37, 7): stavamo legando covoni nel campo. Rashì spiega le parole legare covoni secondo Onkelos: l’espressione significa “legare fasci, ovvero covoni di cereali”.

Interpretato secondo i termini del nostro operato spirituale, il versetto e il commento di Rashì indicano che legare covoni significa radunare scintille di santità sparse unendole, così come si uniscono spighe di cereali sparse per legarle in un fascio.

I covoni dell’anima

Questo è l’operato spirituale che si può richiedere anche all’anima di ogni persona, che deve radunare gli elementi sparsi della propria personalità per unirli al divino.

Oltre a legare insieme e a innalzare le scintille sparse che si trovano entro ognuno di noi e a unirle per mezzo della Torà e delle mitzvòt, dobbiamo anche “uscire nel campo” e occuparci di unire gli elementi di santità sparsi nel mondo.

In questo modo, riavviciniamo il prossimo a Hashèm, all’osservanza delle mitzvòt e alla luce della Torà, alla sua dimensione interiore, “all’Albero della Vita”.

Rashì rielabora questo tema quando spiega che legare i covoni significa “legare fasci”, ovvero che la purificazione e l’elevazione delle scintille di santità deve essere svolta al fine di legare in modo permanente alla sua origine tutto ciò che si raccoglie. In questo modo si garantisce che ciò che lega avrà un effetto duraturo su ciò che viene legato, al punto che tutti i venti negativi del mondo non riusciranno a recidere questo suo legame con Hashèm e con la Torà.

Rashì continua a spiegare che, per poter svolgere questo compito, dobbiamo imparare una lezione dai covoni di grano. Così come le spighe di grano daranno un raccolto, analogamente, quando si migliora il prossimo, bisogna farlo in modo che il beneficiario abbia, a sua volta, un impatto positivo sugli altri.

(Basato su Likkuté Sikhòt, vol X), Di Avigail Hadad Dadon per Latte e Miele