Nelle benedizioni che diede prima di lasciare questo mondo, Yaacòv (Giacobbe) assegnò ad ognuno dei figli un ruolo relativo alla formazione del popolo ebraico. I dodici figli di Yaacòv diventarono le dodici tribù di Israele delle quali tutte le predisposizioni individuali realizzano la missione di Israèl. A Yehudà gli conferì il titolo di sovrano e dirigente in questi termini: «Lo scettro non lascerà Yehudà quanto la piuma di legislatore non lascerà i suoi discendenti; davanti a lui le nazioni si sottometteranno fino alla venuta di Shilò». Infatti, dal re Davide, tutte le guide legittime, re, principi, esilarchi e fino a Mashiach appartengono alla tribù di Yehudà. La sovranità spettava di diritto a Reuvèn, il primogenito. Ma questi aveva commesso un peccato nei confronti del padre.

Ma Perché Proprio Yehudà?

Quando gli altri figli fomentarono l’uccisione di Yossèf, Yehudà gli salvò la vita proponendo un’altra opzione: « Di quale beneficio usfruiremo uccidendo nostro fratello? Vendiamolo agli ismaeliti e non facciamogli del male con le nostre mani, perché è nostro fratello, il nostro sangue». Gli altri accettarono e il ragazzo fu fatto uscire dal pozzo infestato dai serpenti nel quale era stato calato, poi fu venduto come schiavo. Inoltre, Yehudà riconobbe pubblicamente la sua colpevolezza nella vicenda con Tamàr, strappando alla morte lei e i due nascituri.

Qualità Morali

Eppure, quanto a coraggio e virtù, Reuvèn sorpassò Yehudà: riguardo alla sua colpa, anch’egli la ammise davanti a tutti. Mentre Yehudà aveva avuto la possibilità di scegliere se lasciare o meno in

vita tre anime, Reuvèn non l’ebbe; per giunta, la sua espiazione non s’interuppe con il riconoscimento pubblico della colpa, ma continuò a consumarlo per lunghi anni. Al momento della vendita del fratello non era presente perché occupato a portare l’abito

stracciato (in segno di lutto) e a digiunare. Egli consigliò agli altri di gettare Yossèf nel pozzo (ignorava che fosse infestato di serpenti e scorpioni) anziché ucciderlo, con l’intento di tornare sul luogo e di riportarlo al padre. Fu sconvolto quando non lo ritrovò nel pozzo e ammonì duramente i fratelli per il loro misfatto. Yehudà non fece altro che suggerire un mezzo più lucroso di sbarazzarsi del fratello (la Torà non menziona le sue vere intenzioni) e fu responsabile della sua vendita. Tant’è che in seguito i fratelli lo accusarono: « Sei tu che ci dicesti di venderlo, se ci avessi ordinato di riportarlo a casa ti avremmo ascoltato».

Risultati

Ma, di fatto, Yehudà salvò la vita di Yossèf mentre Reuvèn, involontariamente, lo espose ad un pericolo mortale. Il pentimento di Yehudà salvò tre vite umane, mentre i rimorsi di Reuvèn non preservarono nessun altro fuorché se stesso e se non fosse stato tanto impegnato nella sua penitenza, avrebbe pouto impedire la vendita del fratello. Reuvèn mantenne i suoi diritti di primogenitura per quanto lo riguardava personalmente, ma perse il suo titolo di capo poiché trascurò i preamboli necessari all’assunzione di questa funzione. Sul momento credette che Yossèf fosse al sicuro nel pozzo e quindi si precipitò a curarsi delle sue preghiere, dimenticando che le disgrazie altrui sono prioritarie alle proprie preoccupazioni.

Mentre egli pregava e digiunava, Yehudà agiva. Egli ritenne che le difficoltà del prossimo mettono a tecere le aspirazioni personali. Anche se certe motivazioni non sono sempre prive di difficoltà, in determinate situazioni non ci si può permettere di aspettare.

Likute Sichòt