Domanda: Recentemente è mancato un vecchio amico di famiglia, a causa di un tragico incidente. Qual è la via che l'ebraismo propone per dare un senso a questa tragedia?

Risposta: Con il passare del tempo capita di assistere alla morte più di una volta, ma la scomparsa di un caro amico è qualcosa di diverso. In un certo senso, muore anche una parte di noi. Si dice che un amico porti una piccola parte dell’altro ovunque egli vada; di conseguenza, quando un amico lascia questo mondo, indirettamente si passa attraverso quest'esperienza.

Come si può reagire alla morte di una parte di se stessi? Si ha una scelta: ci si può rassegnare all’inevitabile con uno spirito distrutto e per il resto della propria vita in attesa di soccombere. Oppure si può contrastare la morte attaccandosi alla vita con rinnovata energia.

Noi ebrei citiamo spesso le parole del saggio Shlomò - il re Salomone -“v’hachai, itèn el libò - colui che vive lo prenda a cuore”. In altre parole, la nostra risposta alla morte consiste nel vivere la vita a un nuovo livello. Prima di assistere alla morte si pensa che si vivrà per sempre e non ci si accorge nemmeno di quanto tempo vada sprecato. Dopo ci si rende conto che i nostri giorni sono contati, che neanche un momento si ripeterà.

Nelle parole del saggio Shlomò ibn Gabirol (autore di Adòn Olam): “Le persone si preoccupano di non perdere denaro, ma nessuno si preoccupa di non sprecare i propri giorni. I soldi che hanno risparmiato non potranno essere d’aiuto, ma i giorni persi sono persi per sempre.”

Oggi è un giorno meraviglioso per iniziare a vivere.

Rav Tzvi Freeman, per gentile concessione di Chabad.org, pubblicato in PensieridiTora.it