Non c’è nulla dopo la vita perché la vita non finisce mai, piuttosto si eleva ed arriva sempre più in alto. Infatti, l’anima viene liberata dal corpo e si riavvicina sempre di più alla sua fonte.
La Torà allude a ciò numerose volte, ad esempio descrivendo la morte di Avrahàm come l'"andare a riposare con i suoi avi" ed espressioni simili. Il Talmùd descrive le esperienze di numerose persone che hanno fatto il viaggio di andata e ritorno. Testi classici quali il Maavòr Yabòk descrivono il processo di entrata nel mondo superiore come un riflesso delle esperienze del’anima mentre era ancora dentro al corpo. Per cui, se l’anima era immersa in piaceri materiali ella prova il dolore di esserne strappata via affinché possa provare il piacere infinitamente più elevato di crogiolarsi nella luce Divina. Se essa è macchiata e ferita da azioni che l’hanno separata dalla sua vera natura mentre era giù mondo terreno, è necessario che sia sanata e purificata.
D’altronde, le buone azioni che l'anima ha compiuto e la saggezza che essa ha acquisito durante la sua missione terrena fungono da protezione per il suo viaggio verso l’alto.
Lo Zòhar scrive che se non fosse per l’intercessione delle anime pure in cielo, il nostro mondo non potrebbe durare neanche un momento. Le nostre vite subiscono l’impatto del lavoro dei nostri antenati nell’altro mondo... sì, la nonna continua a prendersi cura di noi.
Ci si pone la seguente domanda: perché mai queste anime, che godono della luce Divina, si devono preoccupare di ciò che accade nella nostra vita mondana quaggiù? La risposta sta nel fatto che esse percepiscono la verità che ci sfugge mentre siamo qui: ovvero che questo mondo inferiore e materiale è al centro del motivo per il quale il Sign-re ha creato tutto ciò che esiste.
È per questo che, alla fine, tutte le anime torneranno nei loro corpi fisici, in questo mondo. Che ciò accada subito, con l'arrivo immediato del Mashiach.
Rav Tzvi Freeman per gentile concessione di Chabad.org, pubblicato in PensieridiTora.it
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