La parashà di questa settimana narra di come Korach, della tribù di Levi, assumesse un atteggiamento di sfida e insubordinazione nei confronti del condottiero del popolo ebraico – Mosè – e del suo Gran Sacerdote – Aronne.

Il midrash narra che Korach aveva affrontato Mosè ponendogli diverse domande(Midrash Rabbà, parashat Korach; Midrash Tanchuma, parashat Korach). Una di queste riguardava una mezuzà. Secondo la legge della Torà in ogni casa, sullo stipite destro dell’entrata, deve essere affissa una mezuzà – ossia un piccolo rotolo di pergamena con i due primi versetti dello Shemà’ Israèl.

Korach chiese a Mosè: «Ma la mezuzà bisogna proprio metterla sempre, anche se la casa è tutta piena di rotoli della Torà?». Mosè rispose che non importava che cosa contenesse la casa: ogni stipite doveva avere la sua mezuzà.

Qual è la logica della risposta di Mosè a Korach? La mezuzà, in fin dei conti, contiene solo due versetti della Torà. Perché ci dovrebbe essere bisogno della mezuzà in una casa piena di rotoli che riportano la Scrittura per intero? Che significato ha l’affissione della mezuzà sullo stipite all’entrata di ciascuna abitazione di un ebreo?

La risposta è che, anche quando i rotoli della Torà e altri libri sacri si affollano sugli scaffali, ciò non garantisce che chi vive nella casa si comporti religiosamente. È la mezuzà sulla porta che simboleggia la viva consapevolezza della presenza di D-o.

La mezuzà è posta sullo stipite della porta attraverso la quale si entra e si esce (cf anche Maimonide, Hilkhòt Mezuzà; Tur Yorè De’à 265). Simbolicamente portiamo con noi dovunque andiamo gli insegnamenti di D-o. La nostra Torà non deve essere relegata in uno scaffale, in un luogo ove si studia solamente e non deve servire solo per esercitare l’intelletto. Deve essere un fattore presente in ogni momento della vita e tutte le nostre azioni devono essere guidate dalla coscienza che: il Signore è il nostro D-o, il Signore è Uno (Deuteronomio 6, 3), come è scritto sulla mezuzà.

Si racconta di un uomo che si vantava, con il suo rabbino, di quanto avesse studiato la Torà e di come la conoscesse a menadito. Il rabbino rispose: «Tu parli solo della Torà che hai appreso, ma cosa ti ha insegnato la Torà? Non chiedere: “Quante nozioni della Torà ho acquisito?”. Chiedi piuttosto: “In che misura la Torà ha arricchito, educato e affinato il mio spirito?”».

(Saggio basato su Liqquté Sichot, vol IV, 1316-1318; tradotto in Il Pensiero della Settimana a cura del rabbino Shmuel Rodal).