Questo è lo statuto della Legge che il Signore ha comandato (19, 2).

Perché il Satan, lo spirito del male, e le nazioni del mondo apostrofarono Israele dicendo: «Che cosa sono questi comandamenti [inteso in riferimento alle norme inerenti la para aduma e alla purificazione tramite le sue ceneri]? Qual è la ragione di tutto ciò?». Dunque la Torà si riferisce a tali norme definendole statuti [che, in quanto tali, devono essere accettati senza alcuna spiegazione].

… il cadavere di un’anima [umana]… (19, 13).

Quale cadavere? Quello appartenuto a una persona umana, dotata di anima; questo esclude gli animali [Rahi non commenta il versetto 11, perché è ovvio che là si parla del cadavere di una creatura dotata di anima].

Là morì Miriam… (20, 1).

Perché il brano che tratta la morte di Miriam segue immediatamente quello concernete la para aduma [la normativa inerente la para aduma fu trasmessa dal Signore al popolo di Israele dopo la costruzione del Mishkan, durante il secondo anno dall’esodo, mentre Miriam morì al termine dei quaranta anni nel deserto]? Per insegnare che, come i sacrifici – sebbene la para aduma non sia offerta in sacrificio – essa è mezzo di espiazione, così come la morte dei giusti.

La congrega non aveva acqua… (20, 2).

Da questo versetto si impara che per tutti i quaranta anni il popolo ebbe l’acqua in virtù dei meriti di Miriam [Ella meritò l’acqua per sé e per il popolo, perché vegliò sul piccolo Moshé affidato alle acque del Nilo. Cf Shemot 2, 4].

… forse che da questa rupe dovremmo far uscire dell’acqua? (20, 10).

Perché essi non la riconobbero (cf Vayiqra Raba 10, 9). Gli israeliti dicevano: «Quale differenza c’è, per te, tra questa roccia [e le altre intorno], tale da permetterti di estrarne acqua?». Questo è il motivo per cui egli si rivolse loro come a ribelli – insolenti. Coloro che pretendono di istruire le loro stesse guide. Si può forse estrarre acqua da una roccia a meno di non agire a seguito di un preciso volere e di un comando Divino? (Cf Midrash Haggada, Tanchuma).

… due volte (20, 11).

Perché in seguito alla prima uscirono solo poche gocce [ma qualcosa uscì, altrimenti Moshé non l’avrebbe percossa una seconda volta], poiché l’Onnipotente non aveva comandato di percuotere la roccia [che non era quella sbagliata perché, se così fosse stato, non avrebbe prodotto nulla], bensì di parlare alla rupe. Loro parlarono a un’altra rupe, che non fece uscire nulla [e questo spiega perché Moshé commise l’errore di colpire la roccia]. Dissero: «Probabilmente è necessario percuoterla, come la prima volta (cf Shemot 17, 6), quindi si recarono sulla rupe e la percossero (cf Tanchuma).

Siccome non avete avuto fiducia in me… (20, 12).

Le Scritture fanno comprendere, qui, che se non fosse stato per questa singola colpa, essi sarebbero entrati nella terra, e non sarebbe stato detto loro: «Come le trasgressioni commesse dal resto della generazione del deserto – a causa delle quali fu decretato che il popolo non entrasse nella Terra Promessa – così accadde in seguito alla trasgressione di Moshé e Aharon». Ma non fu [solo a causa della trasgressione di cui tratta il versetto].

… tuo fratello Israele… (20, 14).

Perché Moshé ritiene necessario menzionare la fratellanza proprio in questa occasione? Egli disse al re di Edom: «Noi siamo fratelli, figli di Avraham (cf Zevachim 115b)… ai quali fu detto: sappiate che i vostri discendenti saranno stranieri [in una terra non loro. Questo si riferisce all’esilio in Egitto] e noi siamo entrambi responsabili nell’adempiere a quest’obbligo».

Tratto da Cyberdrasha.it