Quando re Salomone edificò il Santuario, volle che tutti gli strati della popolazione partecipassero alla costruzione, i ricchi come i poveri.
I ricchi ricevettero l’incarico di innalzare tre pareti: a est, a nord e a sud.
I poveri dovevano innalzare il muro posto a ovest.
I ricchi, però, non vollero mettere mano personalmente al lavoro.
Comprarono il legno di cedro e di cipresso, ingaggiarono operai, artigiani e braccianti e con il loro aiuto furono eretti i muri a est, a sud e a nord.
Ma i poveri che avevano ricevuto l’incarico di erigere il muro a ovest lavorarono duramente con il sudore della propria fronte. Sfacchinarono giorno e notte. Avevano portato a lavorare anche le loro mogli e i figli, che trascinavano le pietre. Il loro sudore scorreva giù dal muro e si mescolava alle pietre, così il muro divenne solido e fermo.
Quando Tito cominciò la distruzione del Santuario, gli angeli dissero a D-o: «Non è giusto che il muro eretto con lo zelo e il sudore dei poveri venga distrutto. Permettici, dunque Onnipotente, di scendere e preservarlo dall’annientamento».
Il permesso venne accordato, gli angeli scesero e presero il muro posto a ovest sotto la loro protezione. Allargarono le loro ali su di esso, affinché il lavoro dei poveri non venisse distrutto. E così il muro dei poveri, che è anche chiamato muro occidentale o muro del pianto, venne risparmiato dalla distruzione.
Così raccontano gli ebrei, ma i romani per questo hanno una spiegazione del tutto diversa.
Tutti i generali distrussero quello che era stato loro prescritto a eccezione di Pangar. Allora Tito lo fece chiamare e gli chiese: «Perché non hai distrutto la parete occidentale?».
Pangar rispose: «Maestà ho fatto questo in tuo onore! Perché se io l’avessi raso al suolo, nessuno avrebbe saputo che cosa tu avevi distrutto. Adesso tutti vedranno questa parte del muro e diranno: “Guardate la forza di Tito, guardate come era possente per aver potuto distruggere una costruzione simile!”».
Allora Tito replicò: «Basta! Tu hai agito bene, ma poiché non hai eseguito il mio ordine sali sul tetto e buttati giù. Se rimarrai vivo, ti darà concessa la vita, in caso contrario devi morire!».
Pangar salì sul tetto, si gettò e morì.
(Echà Rabbatì 1, 32; Avot de Rabbi Natan)
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