Leggiamo questa settimana del ritorno di Ya'acòv alla terra natìa ove dovrà superare la prova – potenzialmente pericolosa – dell’incontro con il fratello Essàv.

Il testo della Torà descrive il timore, e adirittura la paura, che provava Yaacov pensando a questo incontro. Il terzo degli Avi prega quindi il Sign-re, invocando la Sua misericordia.

In effetti abbiamo già letto in passato che a Ya'acòv sono state date delle benedizioni molto particolari che includevano anche delle assicurazioni riguardo la protezione Divina nei suoi confronti. Tuttavia Yaacov apre la sua preghiera con la parola “katònti”, letteralmente tradotto con “sono umile” e nel contesto del verso è come se dicesse “non sono degno di tutte le bontà…che hai operato con il tuo servo… Per favore salvami dalla mano di mio fratello…” (Genesi 32:11-12)

Noi siamo abituati ad un mondo nel quale il successo invita la presunzione o comunque una sensazione di contentezza e al minimo un po’ di soddisfazione. Qui troviamo una situazione nella quale una persona ha creato praticamente dal nulla un mini-impero al livello famigliare e al livello economico e questo lo rende… molto umile!

Millenni dopo il rav Schneur Zalman di Liadì scriveva, anch’esso in un contesto storico particolare, che Ya'acòv si sentiva umile non nonostante le bontà concesse dal Sign-re ma proprio a causa di queste bontà.

“Il senso è che ogni bontà concessa dal Sign-re ad una persona dovrebbe far sì che essa si senta molto umile. Poiché una bontà Divina rappresenta ‘un’abbraccio’, è come se il Sign-re portasse la persona vicina a Sé, molto più intensamente di quanto lo fosse prima.

“Più la persona è vicina al Sign-re … più grande sarà l’umiltà in lui risvegliata … poiché ‘tutto nei Suoi confronti è come nulla’. Quindi più la persona è ‘nei Suoi confronti’ (ossia vicina a Lui, NDT) più si considera nullo. Ed è questo l’attributo di Ya'acòv…”

“In contrasto, per le ‘forze negative’ funziona nella maniera opposta; più bontà si dimostra alla persona, più cresce la sua arroganza e soddisfazione di sé…”

Penso che questa prospettiva possa aiutarci ad appronfondire meglio molte situazioni ma anche ad apprezzare molto di più le benedizioni che abbiamo.