Essendo fuggito dalla casa paterna per l’ira del fratello ‘Essàv, Ya’acòv finalmente lascia la città del suocero Lavàn e si avvia sulla strada di ritorno sulla quale ci sarà l’inevitabile incontro col fratello.

Andare incontro ad ‘Essàv non era facile per Ya’acòv e infatti vediamo, leggendo la Parashà e i commenti, che si preparò in più modi.

Il Midràsh precisa che erano tre i metodi che Ya’acòv impiegò: “La preghiera, i doni e la guerra” (Kohèlet Rabbà 9).

Nella Parashà leggiamo infatti di come Ya’acòv supplicò il Sign-re perché avesse misericordia su lui e la sua famiglia. Leggiamo anche, in dettaglio, dei molti doni di gregge che fece Ya’acòv ad ‘Essàv. Infine vediamo come separò la propria famiglia in due gruppi, in modo che anche in seguito allo scontro fisico (al quale si stava preparando) almeno una parte della famiglia si sarebbe potuta mettere in salvo.

Questi tre passi non erano facili per Ya’acòv. I saggi dicono (cf Rashì su 32, 22) che lui non voleva mandare tutti quei doni al fratello perché questo avrebbe avuto il significato spirituale di un “passaggio di proprietà” delle sue forze e energie divine (che si esprimono poi anche nei suoi beni materiali). Comunque Ya’acòv si sforzò e lo fece.

Anche riguardo la preghiera Ya’acòv sembrava non essere molto sicuro di sé, addirittura dicendo “non sono degno di tutte le bontà… che Hai operato con il Tuo servo” (32, 11). Questo perché aveva paura che un eventuale peccato avrebbe potuto cancellare i meriti e le assicurazioni di protezione da parte di D-o.

Più di tutto, però, Ya’acòv temeva la guerra. Questo lo esprime proprio la Torà nella parole “Ya’acòv ebbe molta paura ed angustia. Divise in due accampamenti…” (32, 8).

Forse la difficoltà che sentiva Ya’acòv derivava anche dal dover “dividersi” e lavorare su tre fronti molto diversi, anche opposti, al tempo stesso.

I regali sono un espressione di bontà e beneficenza, la guerra esprime l’opposto e la preghiera è legata alla misericordia e la pietà.

È estremamente difficile esprimersi attraverso caratteristiche così diverse tra loro. Questo comportamento potrebbe, quindi, richiedere una forza interna con la quale viene scavalcata la via naturale per intraprendere una via più elevata.

Il conflitto tra Ya’acòv ed ‘Essàv è da sempre anche una metafora del conflitto microcosmico tra l’istinto positivo e quello negativo. Anche noi, in questo conflitto, dobbiamo avviarci su una strada più elevata nella quale possiamo agire con vari metodi al tempo stesso facendo sì che si segua sembra il lato positivo.

Basato su Likuté Sichòt vol. XV p. 265