Il Signore si rivolge al profeta, Mosè, per ordinargli di riferire ai sacerdoti, discendenti di suo fratello Aronne, alcune regole specifiche riguardanti il sacerdozio.

Nelle settimane scorse abbiamo assistito ad un crescendo: alla fine del Libro dell’Esodo il popolo ha ricevuto l’ordine di erigere il Tabernacolo – la determinazione di un luogo santo -, nella parashà Vayiqrà quello di offrire dei sacrifici – la determinazione di un’azione santa – nella parashà Tzav assistiamo all’iniziazione dei sacerdoti – la determinazione di santità fra gli uomini -,nella parashà Sheminì all’inizio del culto sacrificale – si passa alla pratica -, infine nelle parashot di Acharè Mot e Qedoshim viene spiegato il principio di santità secondo la Torà e che cosa renda gli uomini santi – condurre una vita morale e comportarsi secondo giustizia.

Il percorso sembra concluso: abbiamo trovato il posto più elevato (il Tabernacolo), tramite un’azione che ci avvicina a D-o (la parola korban – sacrificio – ha la stessa radice di karòv – vicino) esercitata da uomini elevati, i kohanim, arriviamo all’apice, e poi? Cosa succede dopo?

Dopo la nostra elevazione Emor – parleremo - , ci rivolgeremo ai nostri vicini per aiutarli a salire anche loro.

Il testo dice emor: chi parla e chi ascolta? Letteralmente sappiamo che è Mosè a parlare a suo fratello. Mosè è detto rabbenu, nostro rabbino, maestro, e un maestro è colui che sa molto (rav letteralmente significa molto): il testo ci suggerisce che chi sa molto deve parlare al proprio fratello. Una conoscenza che rimane all’interno della propria mente è sprecata, elevarsi da soli non basta.

È scritto “..e non li facciano incorrere in grave colpa” (Levitico 22,16): D-o stabilisce come precetto per il sapiente il compito di insegnare all’incolto, di cui è responsabile. Quella ebraica deve essere una società dove esiste solidarietà, dove i maestri vanno a cercare gli allievi per aiutarli, per insegnare quello che hanno a loro volta imparato.

Ogni persona è responsabile delle trasgressioni che commette, sia volontariamente che involontariamente, ma il maestro è responsabile, al suo livello, di trasmettere quello che sa, non importa se è tanto o poco. Non importa se ci sentiamo grandi o piccoli insegnanti: D-o ci chiede di parlare, di instaurare un dialogo, perché tutti abbiamo da imparare da tutti, l’allievo dal maestro e il maestro dall’allievo.