Quando venne a mancare, il Tzaddik Rabbi -Moshè Cordovero fu elogiato dall’Arizal che riportò una spiegazione su un passo della nostra Parashà.
“E se vi sarà in un uomo una colpa punita a morte e verrà ucciso, lo appenderai a un albero”. Disse l’Arizal: se vedi un uomo integro nel suo comportamento, e non vedi una ragione per la quale si meriti di morire (la colpa in ebraico si dice ‘chet’ che può essere tradotta anche mancanza: in questo commento si intende che manca un motivo per penalizzarlo con la morte n.d.r.), e lo stesso questo uomo viene ‘ucciso’, l’unica spiegazione è: “lo appenderai a un albero”: la sua morte dipende dal famoso peccato dell’albero della sapienza dalla quale Adamo si cibò, ragion per cui venne decretata la morte di tutti gli esseri umani anche dei più giusti.
Come può un ebreo peccare? Questa spiegazione dell’Arizal chiarisce in modo generico il concetto del peccato. Infatti ci si dovrebbe chiedere: come può essere che un ebreo faccia l’opposto di quello che D-o voglia?
La risposta è: “lo appenderai a un albero”: la fonte di tutti i peccati è il primo peccato del primo uomo Adam, che comprendeva dentro di sé tutte le generazioni future, fu lui a permettere l’esistenza del peccato. Siccome il peccato dell’albero ha dato la possibilità di peccare e di andare contro la volontà di D-o, esso ha generato anche la situazione della morte che rappresenta il distacco da D-o (fonte della vita).
Perché si appende?
Questo commento ci può far capire uno dei motivi per il quale si deve appendere a un albero la persona che veniva punita. La Torà stessa vieta di lasciarlo appeso durante la notte: lo si doveva appendere solo per un istante per poi tirarlo giù immediatamente perché “la maledizione di D-o è sospesa”: siccome l’uomo fu creato ad immagine di D-o l’uomo sospeso sarebbe come un sosia del re che viene impiccato, perciò la Torà vieta di lasciarlo appeso. Se è così, per quale motivo si appende per un istante?
Non punizione ma purificazione
La ragione è che tutte le condanne della Torà non sono semplicemente punizioni ma vengono date alla persona per il suo bene per purificare l’anima dalla sporcizia portata dal peccato. La pena della morte veniva data alla persona se aveva commesso delle azioni talmente gravi (ad es. assassinio) che per pulire la propria anima era indispensabile la sofferenza della morte. In alcuni casi p erò nemmeno la morte riusciva a perdonare in modo completo l’azione di questa persona: la si doveva appendere un attimo su di un albero per rammentare che in realtà la persona di per sé non avrebbe commesso un azione simile se non a causa dell’albero della sapienza di Adamo.
(Likutè Sichòt vol.7 pg. 167)
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