E Yehuda si avvicinò a lui e disse: «O mio signore, lascia che il tuo servo parliperché tu sei come faraone» (Bereshit 44, 18).

Che cosa disse Yehuda a Yosef?

Secondo il Midrash Raba (93, 6), Yehuda si erge a difesa di Binyamin dicendo: «Secondo le nostre leggi è scritto che se una persona non ha denaro per ripagare il furto, può esser venduta schiava (Shemot 22, 2). Binyamin, però, proviene da una famiglia agiata e può pagare». Ci si può a buon diritto interrogare a questo punto, in merito a quale significato avessero per Yosef le leggi della Torà.

Yehuda spiega a Yosef: «La nostra Torà è Sapienza Divina. Sembra strano che prescriva la possibilità di divenire schiavo per colui che ha rubato. Chi è mai colui che desidera prendere nella propria casa un ladro? Ovviamente la Torà si pone il problema che, quando un individuo giunge al punto di rubare, è necessario sapere che cosa lo ha condotto a questo. Se si tratta semplicemente di una persona affetta da cleptomania, è chiaro che la società non può far nulla per correggerlo con il buon esempio e l’educazione al fine di integrarla. Ma se ruba senza una reale necessità, è compito della società stessa aiutarla a riabilitarsi. Nella casa di colui che diverrà suo padrone, se trattato con accortezza, certamente capirà, farà ammenda e diventerà addirittura di aiuto e di esempio per l’umanità.

Poiché Binyamin proviene da una famiglia agiata, non vi è una spiegazione razionale per il suo gesto, si può solo pensare che sia mentalmente malato e affetto da cleptomania, dunque non ha alcun senso che tu lo trattenga in casa tua come schiavo».

Yehuda chiese a Yosef di potergli parlare in privato perché immaginava che Yosef non conoscesse la Lingua Sacra – l’ebraico – d’altro canto, però, non desiderava neppure la presenza di un interprete. Allora disse a Yosef: «Tu sei come faraone; poiché nessuno di voi due conosce l’ebraico, di conseguenza né tu né faraone avete diritto al trono perché secondo le leggi egizie può essere re solo colui che conosce tutte le lingue. Ovviamente tu non rispetti le leggi del tuo stesso paese.

Quando un forestiero commette un crimine in una città, dovrebbe essere giudicato sia secondo le leggi della città, sia secondo quelle del paese da cui proviene. Dal momento che tu non rispetti le tue stesse leggi, segui dunque le nostre; secondo le nostre leggi uno può essere venduto come schiavo in conseguenza di un furto solo se il denaro ricavato dalla vendita è uguale all’ammontare del valore di ciò di cui si è appropriato (Talmud Kiddushin 18a).

Se la tua affermazione è corretta e questa coppa è senza prezzo per te, allora la vendita deve avere luogo, ma se, d’altro canto, ha un valore limitato e definibile, secondo la nostra legge colui che è in grado di pagare l’intera cifra non è soggetto a divenire schiavo».

E Yehuda avvicinatosi a lui… (Bereshit 44, 18).

Secondo il Midrash Raba (93, 6), Yehuda era pronto a combattere con Yosef e sentiva maggiori responsabilità rispetto agli altri fratelli poiché si era reso garante in merito l’incolumità di Binyamin presso il padre. Yehuda e i suoi fratelli erano molto forti, ma di gran lunga inferiori come numero. Perché Yehuda aveva l’intenzione di ingaggiare una lotta con Yosef?

Yehuda disse a Yosef: «Noi siamo ebrei e Binyamin è un giovane membro del nostro popolo. Quando anche un solo ebreo è in pericolo spirituale, è obbligo di tutti gli altri appartenenti al popolo fare tutto ciò che è in loro potere per salvarlo e ricondurlo sano da suo padre – D-o – e alla Torà.

Il fatto di rimanere in Egitto significa assimilazione sicura per Binyamin, perciò noi faremo qualsiasi cosa, mettendo anche in pericolo le nostre stesse vite, per salvare nostro fratello».

Tratto da Vedibarta Bam di Rav Moshe Bogomilsky