La Parashà racconta di come un unico ebreo andò ad un paese per lui nuovo e strano, ove arrivò con le tasche vuote. Nonostante avesse lasciato la propria casa con tutto l’occorrente, un suo nipote, Elifàz figlio di ‘Essàv, fu mandato a ucciderlo. Ya’acòv riuscì a convincerlo di accontentarsi dei suoi beni che Elifàz prese lasciandò Ya’acòv impoverito.
Arrivato a Charàn, Ya’acòv non trova nessuna persona di fiducia (a parte le proprie mogli, chiaramente). Suo zio, Lavàn, lo ha ingannato. Lui comunque non perde la sua fede in D-o. Per molti anni lavora duramente e alla fine viene ricompensato, anche con la ricchezza, ma più importantemente con figli che seguono la via del loro padre, del nonno Yitzchàk e del bisnonno Avrahàm.
Da questa storia emerge un fatto sorprendente. Avrahàm ebbe un figlio che lo seguì ma anche un’altro che non lo fece, Yishmaèl. Anche Yitzchàk ebbe un figlio che diventò un malvagio, ‘Essàv. Sia Avrahàm che Yitzchàk allevarono i propri figli in casa nella Terra Santa ma ciò non fu garanzia del loro benessere spirituale.
I figli di Ya’acòv, dall’altro canto, nacquero in esilio, in quella che poi sarà chiamata la diaspora. Egli lavorava molto, anche di notte, e al tempo stesso dovette stare attento all’educazione dei figli e delle figlie in un ambiente estraneo che non conosceva il modo di vita di Avrahàm e Yitzchàk.
Nonostante tutto ciò, è proprio lui che meritò una progenie di giusti.
Questa storia di Ya’acòv si riflette anche nella storia dei suoi nipoti in tutte le generazioni. Le promesse di popoli e persone a noi ostili finiscono nel nulla. L’unico appoggio vero che abbiamo è quello di D-o, con il quale comunichiamo attraverso la Torà e le mitzvòt.
Ciò ci insegna che non è solamente l’ambiente o il luogo nel quale ci si trova che garantisce la continuità, ma è l’autentica educazione ebraica che ce le può garantire anche quando l’ambiente non è il massimo.
Basato sulle opere del Rebbe zz”l
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