I rapporti fra le persone spesso richiedono equilibrio.
Ci sono le necessità proprie e quelle altrui; situazioni in cui si tende ad essere più severi con se stessi e altre in cui ci si attiene alle regole accettate universalmente.
Questo punto trova espressione nelle discussioni dei Saggi a proposito di un brano di questa parashà.
La Torà narra del matrimonio di Ya'akòv con le due figlie di Lavan. Ya'akòv si offrì di lavorare per sette anni senza compenso, per poter sposare poi Rachèl, la figlia minore. La notte delle nozze, Lavan, con l'inganno, gli diede in sposa Leà, la figlia maggiore. Quando Ya'akòv scoprì l’imbroglio e si recò da Lavan per chiarimenti, questi gli spiegò che aveva dovuto agire così in base alla legge vigente all'epoca per la quale la figlia maggiore si doveva sposare prima della minore.
Cosa avrebbe dovuto fare Ya'akòv? Lavan gli propose di sposare Rachèl al termine dei sette giorni di festeggiamenti, purché Ya'akòv si impegnasse a lavorare per lui altri sette anni senza compenso. Ya'akòv accettò e sposò così entrambe le sorelle, Rachèl e Leà, le madri del popolo di Israele.
I saggi sollevano quindi un interrogativo: la Torà vieta a un ebreo di sposare due sorelle. Come avrebbe potuto Ya'akòv fare qualcosa di vietato dalla Torà?
Una risposta è, senz’altro, che la Torà non era stata ancora data. La legge che vieta il matrimonio con due sorelle entrò in vigore solo molto tempo dopo, sul Monte Sinai, quindi non era applicabile a Ya'akòv.
Questa spiegazione presenta però un aspetto problematico per cui, in base a quanto ci trasmettono i Saggi, Avraham, Yitzchàk e Ya'akòv osservavano tutte le leggi della Torà, che conoscevano per "intuizione", a livello spirituale.
Pertanto, come avrebbe potuto Ya'akòv sposare due sorelle?
Il Rebbe di Lubavitch fornisce una risposta che aiuta a capire il significato di “equilibrio” nella vita ebraica. Egli spiega che Ya'akòv osservava tutte le mizvòt della Torà quali restrizioni a livello personale, espressione del suo attaccamento a H-shèm.
La promessa che Ya'akòv aveva fatto a Rachèl di sposarla invece, rappresentava un impegno di carattere universalmente valido, rispetto alla società in cui viveva.
Quando Ya'akòv scoprì l’inganno che l'aveva portato a sposarsi con Leà, doveva scegliere fra ciò che si era imposto e ciò che lo impegnava verso il prossimo. Avrebbe potuto così dire a Rachèl: “Mi dispiace, ma non posso mantenere la mia promessa perché ho (scelto) il divieto di sposarti”. Ya'akòv invece decise di accantonare le convinzioni personali e mantenere la promessa fatta.
Ne deriva un insegnamento pratico anche sulla condotta da adottare in epoca attuale. Talvolta le restrizioni che ci imponiamo - le cosiddette chumròt - possono essere d'ostacolo al bene che dovremmo fare al prossimo.
Si può preferire, per esempio, studiare il Talmud con un compagno erudito da cui si può imparare molto, invece di insegnare i principi ebraici più elementari a chi non li conosce. Accrescere le proprie già grandi conoscenze, quindi, a scapito di quelle minime del prossimo, anche a costo di lasciarlo nell'ignoranza.
Che cosa è più importante e più giusto?
Talvolta sono necessari passi coraggiosi per mantenere l’equilibrio nelle proprie scelte, soddisfare le necessità altrui e colmarne il vuoto.
Scelte del genere, fra l'altro, di norma comportano perdite e rinunce, ma non nel caso dell'amore per il prossimo. Esso sfida le regole della fisica e pure le vince: privandosi ci si arricchisce, insegnando si impara, sollevando ci si eleva.
È questo il segreto del vero equilibrio.
Adattato da un articolo di Tali Lowenthal, pubblicato su chabad.org e tradotto e pubblicato per la pubblicazione Latte e Miele
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