La Parashà racconta della morte di Ya’acòv. Il Midrash spiega che quando il corteo funebre di Ya’acòv giunse alla Mearat Hamachpela a Hevron, Essav e i suoi uomini, con fare minaccioso, impedirono loro di procedere adducendo che l’unico

posto che rimaneva era destinato a Essav, quale suo diritto di eredità, visto che Ya’acòv si era già impadronito del penultimo posto disponibile seppellendoci sua moglie Lea. I due gruppi cominciarono a discutere fino a litigare concitatamente. Chushim, figlio di Dan, che soffriva di problemi di udito, chiese la ragione dell’alterco e di tutto quel trambusto e quando ne fu edotto, si infuriò: con un potente colpo di spada decapitò Essav la cui testa rotolò nella tomba per finire sul ginocchio di Ya’acòv.

Essav era materialista, ma una vita materialista non è necessariamente profana, in quanto sia il corpo che la mente sono entrambi frutti della creazione divina. Se è ben incanalata, la materia può raggiungere la più elevata espressione di verità divina. Il materialista santo è un “abile cacciatore”, molto portato per le arti dell’imboscata e delle trappole. Pertanto, il sotterfugio di Essav consisteva nel condurre una vita materiale simulandola in impresa divina. E Itzchak amava questo figlio che percorreva i campi e le foreste per dedicarsi alla caccia senza mai dimenticare di offrire, con rispetto e reverenza, ad un sant'uomo quale era suo padre, le parti migliori degli animali da lui catturati e macellati.

Ya’acòv si traveste. Essav, invece di assoggettare la sua fisicità alla sua spiritualità, viste le straordinarie facoltà che possedeva, fece il contrario : la sua mente cessò di dirigere il suo corpo, diventandone schiava. Itzchak credette che il figlio tanto amato poteva aspirare alle delizie spirituali nascoste nel regno materiale ed era convinto che la caccia era un ottimo strumento per far emergere in Essav i suoi lati migliori, le sue doti spirituali. Rivkà, lei, capì che era meglio non serbare speranze inutili per questo figlio, così chiese a Ya’acòv di vestirsi con gli abiti del gemello per ricevere la benedizione della primogenitura. Essav osservava invidioso Ya’acòv, un uomo puro, studioso, discreto e umile che riuscì ad entrare nel suo regno conservando la sua spiritualità intatta. Ya’acòv spodestò il gemello che fino ad ora era l’incontestabile re dell’astuzia e degli imbrogli. Ya’acòv, con gli stessi mezzi, ottenne la benedizione del padre e si costituì un considerevole patrimonio nonostante gli inganni dello zio Lavan. Essav possedeva ancora la sua testa ma poi il suo debole motore spirituale rese la sua corporalità molto più vigorosa e virulenta. Un corpo decapitato, una vita priva di ideali e di principi, una testa pervertita dal corpo, una vitalità spirituale ciecamente sottomessa alla materia trasformano la materia in arma letale, permettendole di penetrare negli angoli più profondi e remoti dell’anima, avvelenando gli elementi positivi creati nell’uomo e nel mondo.

Il giorno in cui Ya’acòv fu inumato, Essav venne decapitato. Il corpo strappato dalla sua vitalità spirituale ora nutre un materialismo senz’anima che si oppone costantemente alla voce di Ya’acòv. La testa liberata dalla dominazione materiale fu ricongiunta alla sua radice, alla sua mente, riposandosi sul ginocchio di Ya’acòv. (Likutè Sichot)