La parashà di questa settimana parla della Yetziat Mitzraim, l’esodo dall’Egitto, che ogni generazione deve ricordare. Infatti, ciascun ebreo deve sentire come se avesse partecipato personalmente all’esodo – considerando ogni giorno della sua vita come quello della sua propria liberazione dall’Egitto.
Ogni giorno l’ebreo deve portare a termine – e cercare di vivere personalmente – una Yetziat Mitzraim.
Yetziat Mitzraim è la liberazione dalla schiavitù e la conquista della libertà. La liberazione dalla schiavitù significa due cose: ciò che si intende in genere come affrancamento dalla schiavitù fisica; c’è poi l’affrancamento dal giogo spirituale, quando la Neshamà si libera dalle limitazioni e dalle costrizioni che la tengono prigioniera, fino a che il vero e recondito Io, l’essenza stessa dell’anima ebraica è libera di riaffermarsi.
Qual è la vera essenza dell’ebreo?
È: voi siete i Figli del Signore vostro D-o (Deuteronomio 14:1).
Il concetto secondo il quale siamo figli del Signore significa che, proprio come D-o è Padrone e Signore del mondo e di tutto ciò che contiene, così ogni ebreo deve – in tutte le cose che riguardano la sua vita da ebreo – comportarsi ed essere padrone e signore di fronte alle tentazioni che provengono dal suo ambiente materiale. La sua ebraicità non deve essere intaccata o influenzata dall’ambiente, al contrario, essa deve essere la forza dominante che regola ogni aspetto della sua vita quotidiana.
Inoltre, non è solo in speciali occasioni – quali le feste religiose o le ore di preghiera – che deve manifestarsi questo potere, ma in ogni giorno e in ogni momento della sua vita, in forma concreta e positiva.
Potremmo chiederci: come ci si può aspettare che ogni ebreo domini l’ambiente?
Come può fare una cosa simile un semplice individuo mortale?
La risposta è questa: poiché ogni ebreo è figlio di D-o, l’Onnipotente gli ha conferito certi poteri e capacità al di fuori di quelle naturali. Questo dono dei poteri Divini è analogo (lehavdil) alla trasmissione genetica e all’ereditarietà del talento e degli altri caratteri che i figli ricevono dai genitori(cf ‘Eduyot 2, Mishnà 9).
Il rapporto dell’ebreo con il Padre Celeste è ancora più profondo di quello che intercorre tra figlio e genitore.
L’Alter Rebbe spiega questo concetto: mentre nel rapporto fra i figli e i genitori, i figli, per quanto entità separate, sono in intima e stretta relazione con i genitori, nel caso del rapporto tra l’ebreo e D-o, invece, l’ebreo non è mai separato da D-o, non è mai un’entità a parte, dato che l’ebreo è veramente tale in quanto si attiene alla Volontà Divina e la compie come un servo e come un figlio (cf Liquté Torà, Devarim 62d; II Zohar, 111b).
Se riusciremo a sviluppare e ad utilizzare al massimo grado i talenti che il nostro Padre Celeste ci ha dato, l’ebraicità assumerà un ruolo preponderante nella nostra vita e dominerà tutti gli aspetti della nostra esistenza quotidiana.
(Saggio basato su una lettera del Rebbe di Lubavitch. Pubblicato in Il Pensiero della Settimana a cura del rabbino Shmuel Rodal).
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