La parashà di questa settimana apre con un invito rivolto a Moshè da parte del Sign-re. "Vieni dal Faraone", dice il Sign-re a Moshè, per annunciargli l'ottava piaga e per trasmettergli di nuovo il messaggio di liberare il Suo popolo.

Molti commentatori si soffermano sul termine “vieni” usato dal versetto invece del più corretto “vai dal Faraone”.

Lo Zohar (vol. I, 34a) scrive che Moshè ebbe paura d’affrontare il Faraone nel suo palazzo, nella sede del suo potere. Allora è D-o che gli assicura che sarà accompagnato da Lui stesso. La parola “vieni”, dunque, vuol dire “vieni con Me dal Faraone”.

Secondo la spiegazione mistica dello Zohar, D-o invitava Moshè ad entrare nell’essenza interiore del monarca e dio egiziano. "Vieni dal Faraone" vuol dire anche, quindi, “entra dentro” alla sua essenza per trasformarla. Per liberare il popolo ebraico non bastava semplicemente andare dal Faraone ma Moshè doveva entrare dentro alla radice e all’essenza del problema e cambiarlo dall'interno.

Chi è il Faraone e che cosa rappresenta? Che cosa è la sua “essenza” che Moshè doveva trasformare al fine di redimere il suo popolo?

Il profeta Ezekiele (29:3) descrive il Faraone come colui che dice “il fiume è mio ed io mi sono auto-creato”. Non descrive il male del Faraone con la promiscuità che caratterizzava i culti pagani egizi, né con la schiavitù e la tortura di milioni e neppure dai suoi bagni nel sangue di neonati; lo descrive invece con il suo egocentrismo, il vedere se stesso come fonte e radice di tutto. Questa è la radice del male. Quando uno considera se stesso arbitro e giudice nel decidere cosa sia il bene o il male, la sua moralità non è più assoluta. In teoria questa persona potrebbe commettere qualunque azione, giustificandola dal suo punto di vista personale.

Ogni buona azione è un atto di umiltà ed ogni cattiva azione un atto di presunzione. Compiendo una mitzvà l'individuo dichiara di essere nullo al cospetto di D-o. Compiendo del male invece la persona fa assumere al proprio ego un'importanza al di sopra di ogni altra cosa.

In effetti, però, il male non è l’ego di per sé, ma la separazione tra l'ego e la sua vera fonte. Lo stesso “io” va riconosciuto come ciò che riflette il Divino dal quale è stato creato, a differenza del Faraone che riconosceva solo se stesso. Il segreto della redenzione si basa sull'uscita dal proprio ego e non più sentirsi un'entità staccata da D-o.

D-o aiuta ognuno di noi nell'affrontare il nostro ego, in modo che ci rendiamo conto che la sua vera essenza non è basata sul male bensì deriva da D-o stesso.

Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch