Nella porzione della Torà di questa settimana, Terumà, al popolo ebraico, che si trova ancora nel deserto del Sinai, viene comandato di costruire il Mishkàn, il tabernacolo, un tempio portatile dentro il quale la presenza di D-o veniva rivelata.

Le pareti di questa struttura dovevano essere fatte di legno di acacia e rivestite d’oro.

Ci sono varie opinioni nei commenti su come i figli di Israele siano stati in grado di trovare legno di acacia nel deserto.

Rashì riporta la spiegazione del Midrash:

Da dove hanno ottenuto questi [alberi] nel deserto? Tanchuma spiegò che il patriarca Giacobbe aveva predetto, tramite ispirazione divina, che gli Israeliti avrebbero costruito il Santuario nel deserto, perciò egli aveva portato dei cedri in Egitto, e li piantò. Egli comandò ai suoi figli di prenderli con sé quando avrebbero lasciato quella terra» (Bereshìt Rabà 94).

Non si può che essere meravigliati e chiedersi: non è questa una via lunga e intricata per ottenere degli alberi? Infatti altre opinioni offrono soluzioni più semplici, come ordinare o comprare legna da commercianti viaggiatori.

Tuttavia, quando mettiamo ciò in prospettiva storica, giungiamo ad una realizzazione incredibile.

Giacobbe scese in Egitto e piantò degli alberi, 210 anni prima del comandamento di costruire il Tabernacolo.

Dopo 94 di residenza in Egitto, il popolo ebraico fu reso schiavo in una schiavitù terribile che durò per 116 anni.

Durante tutto questo periodo gli alberi di acacia crescevano alti e forti.

Immaginate l’effetto di positivo che questi alberi ebbero sui bambini ebrei nati e cresciuti in schiavitù senza conoscere altri modi di vivere.

Gli alberi erano un segno tangibile di redenzione e un’allusione al tempo in cui il popolo ebraico sarebbe stato libero di servire unicamente il Padrone dell’universo, e persino ricevere istruzione di costruire una dimora per Lui.

Benché in Egitto i genitori certamente dicevano ai loro figli che D-o aveva promesso di redimerli e trasformarli nella sua nazione, gli alberi in crescita avevano sicuramente maggiore impatto, in quanto fungevano da segno fisico e tangibile di un futuro luminoso.

Questo concetto potente di un rimando fisico ad un futuro luminoso, che permette anche a qualcuno nato in schiavitù di avere chiarezza e di mettere cose nella giusta prospettiva, esiste in tutti gli esili del popolo ebraico.

Infatti, in tutti gli esili esitono “alberi” che uno può osservare e da cui può imparare.

Il Salmo 92 dichiara “Il giusto fiorisce come una palma, cresce come un cedro in Libano”. Lo Tzadik desidera ardentemente il tempo della redenzione del popolo ebraico e l’era della pace globale con l’arrivo del Messia.

Osservando lo Tzadik, si realizzia di essere ancora in viaggio verso una grande destinazione, e si dovrebbe desiderare che quel tempo arrive, ed incrementare l’osservanza delle mitzvòt e delle buone azioni per raggiungere quell’obiettivo.

Che quell’era giunga presto nei nostri tempi amen.

Adattato da Likutè Sichòt Vol 31

לע"נ הרה"ח הר"ה"ג ר' אברהם דוב בן ר' יהושע ז''ל In beloved memory of Rabbi Abraham B. Hecht obm.

Rav Yaakov Kantor è direttore della Chabad Jewish Center a Lugano