Il Sign-re parlò a Mosè e gli disse di ordinare ad Aronne di accendere la Menorà, stando attento che i sette lumi fossero sempre rivolti verso la parte interna del candelabro: questo era fatto d’oro battuto dal fusto alle corolle, lavorato in un unico blocco. Betzalel fece la Menorà, così come il Sign-re aveva mostrato a Mosè.

Il Sign-re parlò a Mosè e gli disse di purificare i leviti. Sarà necessario che si rechino al miqve (bagno rituale), si radiano, lavino i loro vestiti; quindi dovranno prendere un giovane vitello come sacrifico olà, un’offerta farinacea di fior di farina intrisa d’olio e un altro giovane vitello come sacrificio chattat. Davanti a tutta la congrega di Israele Aronne e suoi figli faranno la tenufà (slancio) prima sui kehatiti, poi sui ghershoniti e infine sui merariti, così che tutti i leviti siano consacrati al Sign-re. Lo saranno al posto dei primogeniti, come era in programma dopo la piaga della mortalità dei primogeniti che colpì l’Egitto, poiché [a causa del peccato del vitello d’oro] D-o aveva scelto al loro posto i leviti. Dopo la cerimonia della tenufà saranno purificati e pronti a svolgere il loro lavoro presso il Tabernacolo, dovranno prestare servizio dall’età di venticinque anni fino a cinquanta, in seguito potranno aiutare i loro fratelli nella custodia, nel montaggio e nello smontaggio del Tabernacolo [senza obbligo].

Il Sign-re parlò a Mose, nel deserto del Sinai nel primo mese del secondo anno dall’uscita dall’Egitto, e gli disse che i figli di Israele avrebbe dovuto offrire nel tempo stabilito il sacrificio pasquale, cioè al quattordicesimo giorno del primo mese nel pomeriggio. Il popolo di Israele fece come aveva ordinato il Sign-re attraverso Mosè.

Avvenne che alcune persone, divenute impure avendo avuto un contatto con un morto, non poterono offrire il sacrificio pasquale al tempo indicato. Esse si rivolsero a Mosè chiedendo perché avrebbero dovuto perdere la possibilità di portare la loro offerta essendo impuri a causa del fatto che avevano dato le esequie a un morto (cioè a causa del fatto che stavano comunque osservando un precetto). Mosè chiese al Sign-re cosa si dovesse fare in questo caso. Egli rispose che chiunque si trovasse in stato di impurità per un morto o si trovasse lontano potrà ugualmente presentare il sacrificio pasquale, ma anziché il quattordici del primo mese lo porterà il quattordici del secondo mese. Chiunque, però, non si fosse trovato lontano, o non fosse stato impuro a causa di un morto e non lo avesse portato al tempo giusto avrebbe portato il peso del suo peccato (cioè non avrebbe avuto la possibilità di portarlo il quattordici del secondo mese).

Un proselita ha la stessa legge di chi è nato ebreo.

Dal giorno della consacrazione del Tabernacolo, una nube stava sopra la Tenda della Radunanza di giorno e una colonna di fuoco di notte, quando questa si alzava era il segno per il popolo che era giunto il momento di partire, dove la nube si fermava il popolo doveva accamparsi. Poteva accadere che la nube stesse ferma per molti giorni o per pochi, dalla sera alla mattina, o magari per un anno intero; i figli di Israele si accampavano o partivano seguendo la volontà del Sign-re.

Il Sign-re parlò a Mosè e gli disse di costruire due trombe d’argento, costituite da un solo blocco, che sarebbero servite per convocare la congrega di Israele e per dare l’ordine di partenza. Quando fosse suonato un tono lungo (detto teqi’à) tutti si sarebbero duvuti presentare davanti alla Tenda della Radunanza; se fosse suonata una sola tromba allora si sarebbero presentati davanti ai capi delle migliaia; se verranno suonati toni brevi (detti teru’à) sarà segno di muovere gli accampamenti che stanno a oriente, alla seconda teru’à muoveranno quelli a meridione; quando dovrà essere riunito tutto il popolo si suonerà una teqi’a; se il popolo fosse costretto a uscire in guerra per contrastare l’oppressore sarà suonata un tono di teru’à, così che il Sign-re si ricordi del popolo e lo protegga dal nemico; verranno suonate le trombe anche nei giorni di gioia, nelle feste e nei capimese, per presentare i sacrifici olà e shelamim.

Nel secondo mese del secondo anno, al ventesimo giorno, la nube si mosse e i figli di Israele si misero in marcia, dal deserto del Sinai al deserto di Paran.

Per primo si mosse il campo di Giuda; a capo della schiera della tribù di Giuda c’era Nachshon figlio di ‘Amminadav; a capo della schiera della tribù di Issachar c’era Netanel figlio di Tzu’ar, a capo della schiera della tribù di Zevulun c’era Eliav figlio di Chelon. Poi i leviti, ghershoniti e merariti, smontarono il Tabernacolo e si mossero. Poi si mosse il campo di Ruben; a capo della schiera della tribù di Ruben c’era Elitzur figlio di Shedeur, a capo della schiera di della tribù di Simeone c’era Shelumiel figlio di Tzurishaddai, a capo della schiera della tribù di Gad c’era Elyassaf figlio di De’uel. Poi si mossero di kehatiti, che trasportavano gli arredi sacri. Poi si mosse il campo di Efraim; a capo della schiera della tribù di Efraim c’era Elishamà’ figlio di ‘Ammihud, a capo della schiera della tribù di Manasse c’era Gamliel figlio di Pedahtzur; a capo della schiera della tribù di Beniamino c’era Avidan figlio di Ghid’onì. Per ultimo si mosse il campo di Dan; a capo della schiera della tribù di Dan c’era Achi’ezer figlio di ‘Ammishaddai; a capo della schiera di della tribù di Asher c’era Pagh’iel figlio di ‘Ochran, a capo della schiera della tribù di Naftalì c’era Achirà’ figlio di ‘Enan.

Mosè disse a suo suocero Chorav (Ietro), figlio di Re’uel il midianita, di venire insieme al popolo verso la terra promessa, ma il suocero declinò l’invito dicendo che preferiva dirigersi verso la sua terra natia. Mosè insistette dicendo a Chorav che sarebbe stato trattato bene e sarebbe stato una guida per tutto il popolo, ma egli non accettò comunque.

Ogni volta che l’Arca veniva mossa Mosè diceva: «Sorgi, o Eterno, affinché vengano dispersi i tuoi nemici, fuggano davanti a Te i tuoi odiatori». Quando l’Arca si fermava Mosè diceva: «Sosta, o Eterno, con le moltitudini di Israele».

Capitò che il popolo si lamentò, il gemito giunse alle orecchie del Sign-re e la Sua ira divampò, un fuoco colpì l’accampamento; allora gli Ebrei chiesero a Mosè di intercedere, il profeta pregò per il popolo e il fuoco si estinse. Quel luogo fu chiamato Tav’erà poiché lì divampò il fuoco del Sign-re.

L’accozzaglia di genti cominciò a dolersi a nutrire desideri, tanto che coinvolse anche i figli di Israele, cominciarono a domandasi quando avrebbero mangiato carne, a rimpiangere il pesce, i cetrioli, i cocomeri, i porri, le cipolle e l’aglio che mangiavano in Egitto, altro che la manna che, a loro dire, li stava inaridendo!

La manna era simile al seme di coriandolo, bastava che chiunque passeggiasse nelle vicinanze dell’accampamento per trovarla, aveva il sapore di focaccia impastata con olio. Di notte la manna si posava sull’accampamento. Mosè assistette alle lagnanze. L’ira del Sign-re si accese e anche Mosè se ne risentì, tanto che rivolto a D-o, chiese per quale motivo dovesse subire una così grande pena, per un popolo che non era stato lui a generare, ma che gli era stato chiesto di tenere al seno, come la lattante tiene il bebè. Il popolo era un peso troppo grande per un solo uomo. Mosè dichiarò al Sign-re che sarebbe stato disposto a morire piuttosto che continuare a subire tutto ciò. D-o allora gli ordinò di radunare nella Tenda della Radunanza chiunque fosse disposto a condividere il peso del comando con lui, così che gli fosse trasmesso lo spirito profetico.

Il Sign-re comandò di dire a chi si era lamentato che l’indomani sarebbe arrivata la carne, in così grande quantità che non ne avrebbero mangiato per un giorno o due, ma per un mese intero, tanto che sarebbe uscita dalle narici e se ne sarebbe avuto a nausea. Mosè si stupì di quanto aveva annunciato che fece il calcolo di quanta carne sarebbe stata necessaria per nutrire un popolo di 600.000 uomini adulti per un mese intero, una quantità tale che non sarebbero bastati interi greggi. Il Sign-re rispose alle perplessità del profeta con la frase «Forse che la Mia mano è troppo piccola?».

Mosè raccolse settanta anziani e li portò nella Tenda della Radunanza, su di loro scese lo spirito profetico. Solo due dei prescelti non si trovavano nella Tenda quando ricevettero la profezia, Eldad e Medad, che si trovarono a parlare in nome di D-o nell’accampamento (e non nella Tenda della Radunanza); Giosuè, interpretando il gesto come una mancanza di umiltà e di rispetto verso il Mosè, avvisò Mosè e chiese che fossero puniti, ma il profeta ripose che non era geloso, anzi, magari tutto il popolo fosse in grado di profetizzare!

Arrivò un vento eccezionale che sollevò le quaglie e le scagliò sull’accampamento, erano talmente tante che riempirono il campo da ogni lato per un raggio di un giorno di cammino e per un altezza di due ammot (lett. braccia, circa un metro). La gente cominciò a ingozzarsi tanto che non facevano in tempo a finire di masticare un pezzo che ne introducevano un altro in bocca.

Quel luogo fu chiamato Qivrot Hataavà (la tomba del desiderio) lì infatti furono seppelliti tutti quelli che erano morti di indigestione per aver mangiato troppa carne.

Il popolo partì da Qivrot Hataavà e si fermò a Chatzerot.

Accadde che Miriam e Aronne criticarono Mosè per il fatto che si era separato dalla moglie: anche loro erano profeti ma non per questo avevano dovuto separarsi dai rispettivi coniugi. Il Sign-re, sentendo queste parole, si rivolse a loro dicendo che non avrebbero dovuto osare andare contro Mosè poiché egli non è come gli altri profeti, che ricevono il verbo in sogno o per enigmi, egli parla con D-o direttamente, bocca a bocca. Si accese l’ira del Sign-re e Miriam fu colpita da tza’arat (lebbra), Aronne immediatamente pregò perché la sorella guarisse, così pure fece Mosè.

L’Eterno disse a Mosè che, poiché Miriam aveva compiuto un è un gesto grave, come se avesse sputato in faccia al proprio padre, per almeno sette giorni avrebbe dovuto provare vergogna e sarebbe stata isolata fuori dall’accampamento. Il popolo per rispetto della profetessa aspetto la sua guarigione prima di rimettersi in viaggio. Dopo questi fatti il popolo riprese il cammino, partì da Chatzerot e si fermò nel deserto di Paran.